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sabato 3 dicembre 2011

Rotture di palle natalizie


Certo che adesso comincia una rottura di balle che non vi dico. Il pattinaggio sul ghiaccio in piazza, i mercatini di Natale, l’autostrada laggiù bloccata perché in centro di là a Domizianopoli c’è mercato Nuclearnatalizio, un casino sino a metà gennaio.

Festa in piazza a San Silvestro con i dj Giostra e Tamarr e Animazione a Sorpresa!

Mi viene da sboccare. Almeno mi risparmiassero quell’indiscriminato uso delle maiuscole. Ma perché cazzo animazione e sorpresa dovrebbero essere maiuscoli? E i gerundi? Natalando, Pasquando, Culturando, Carnevalando, Vinando e Maialando. Che poi, pazienza i gerundi, ma i tre puntini? Eh?

Ultimo dell’anno in… Piazza

Ma perché i tre puntini, maledetto cornuto, che se ti dico che sei cornuto un motivo ce l’avrò? Non eri sicuro, coglione? E se non eri sicuro facevi a meno di scrivere un leaflet da appendere al bar, testicolo. Ti accertavi su dove avresti fatto la festa l’ultimo dell’anno e l’avresti comunicato. Magari in italiano. E’ che c’avete preso l’abitudine alle pernacchie, ai rutti, gli sputi e le scorregge come forma di comunicazione. Lasciamo correre.

La realtà è che sono infastidito da stamattina. Avevo una sete desertica di Campari e mi prefiguravo di arrivare al Centrale, prenderne uno da litro e sedermi fuori sotto il fungo ad aspettare che la vita scorresse al gusto di Campari. E invece avevo dimenticato che alla mattina la pista apre alle dieci.
Orde di mostri urlanti ovunque mi hanno costretto al banco, ed io al banco mi innervosisco. Così l’ho tracannato e sono andato a fare la spesa. Stravolgendo il programma abituale del sabato.

Solo quando potrò infilare il naso tra le grandi e piccole labbra della Domi, inalando rumorosamente a pieni polmoni, riacquisterò la pace mistica che merito.

Sabato Taziale


Bon jour, bon jour, bon jour.
Non posso non fare il post sabatino aprendolo con tre bon jour, porta sfiga altrimenti.
Pioviggina, ma fortunatamente c’è anche un po’ di nebbia. Eh.
Io non ho praticamente dormito un cazzo, stanotte, ma mi pare di capire di non essere stato il solo.
Un messaggino di due minuti fa delirava relativamente alla modalità comodino del mio telefono che lei spera che io l’abbia messo in quella modalità, altrimenti le spiace di avermi svegliato e mille altre cose incomprensibili e così ho tagliato la testa al toro: poca tecnologia e molta sostanza.

“Bon jour Domi, dormito bene?”
“Bon jour Tazio, dormito niente :o) ”
“Bon jour Domi, nemmeno io”
“Bon jour Tazio, come mai?”
“Bon jour Domi, non sono riuscito a smettere di pensarti”
 “Bon jour Tazio, anche io”
“Bon jour Domi, siamo due rincoglioniti. Senti, Bonjourdomi, a che ora ci vediamo?”
“Bon jour Tazio, te lo so dire in mattinata xke devo fare delle cose per la mamma”
“Bon jour Domi, ma quanti anni hai?”
“Bon jour Tazio, 30. Non ti arestano :o)”

Come si chiamava quel film? Scemo e più scemo, se non mi sbaglio. Ecco, sì.

Il sabato festante ha avuto inizio.
Ho la bocca che urla Campari! e tra poco, espletate le numerose masturbazioni e le abluzioni di rito, mi recherò al Centrale ad assumerne uno automedicante.
Poi sentirò la Domi a che ora arriva.
Sarebbe bello dare lo startup alla casetta di campagna trallallà.
E d’improvviso mi si apre il cuore!!

GIOVEDI’ E’ L’OTTO DICEMBRE!!!!! SI LAVORA SINO A MERCOLEDI’ !!!!!
E’ una cosa meravigliosa.


Questione di polso


A un tratto mi dice: “Tu ieri sera, hai detto una cosa. Hai detto che ti piace passeggiare al parco con me perché ti senti al sicuro. Te lo ricordi?” – “Sì che me lo ricordo” – “Che cosa volevi dire?”

Che cosa volevo dire.
Volevo dire che tra gli sconforti, le piccole sgradevolezze quotidiane, le delusioni più o meno cocenti che sono abituato a vivere, camminarle di fianco al parco mi fa sentire di essere lontano lontano lontano lontano da tutto quello che non mi piace.

E lei ha detto “Oh”.
Poi siamo stati zitti.
Poi mi ha detto “E’ una cosa molto bella” e io ho detto che lo è anche per me.
Poi le ho chiesto “E tu ti senti al sicuro?”
“Al sicuro? Io sono terrorizzata Taz, altro che al sicuro”
“E perché???”
“Perché dopo cinque minuti che ti avevo conosciuto, il tuo polso destro mi ha sedotta e ho cominciato a sentire che mi piacevi troppo. Non c’è da essere terrorizzati secondo te?”
“Secondo me no.”

Mi guardo il polso destro.
La guardo, un po’ interrogativo.
Mi prende la mano, fa aderire la bocca vagina al polso e comincia a leccare.
Non capisco cos’abbia il mio polso, ma sono felice che ce l’abbia.

Domiziana


Vorrei iniziare dicendo, forse dicendomi, che un post è di una utilità pazzesca per fissare ed essere consapevoli dei fatti che occorrono nella vita. Veramente. Per cui sarà lungo, ma variegato, leggetimi vi prego. E se pure, così, per pura simpatia, mi dite cosa avete provato leggendolo, cosa ne pensate in senso generale, vi sarò grato. Vi amo.

Detta questa banalità, ieri sera ci siamo ben incontrati, sì.

venerdì 2 dicembre 2011

Impagabile


A mezzogiorno e mezzo coopto la suburra per un estemporaneo pranzo aziendale: si va tutti alla Solita. Tutti i presenti. E così ci troviamo al tavolo: io, N, il Loca, il Max, l’Umbe, la Giogia, la Bettybettina, Matt Matteo Matthew, la Greta e la Ilaria, che è la spina del gruppo (spina per chi ha fatto il militare, per tutti gli altri è l’ultima arrivata).
Non so come sia partito N, non me lo ricordo più, ma a un tratto si è prodotto in una lectio magistralis.

“Il porno indipendente italiano c’ha tre difetti mostruosi che lo azzoppano. Primo: le luci. Ogni scena è senza atmosfera, sotto dei banchi omnidirezionali a luce fredda che gi attori c’hanno sempre come minimo tre ombre. Nessuno sa scegliere le luci, che fanno sempre schifo. Secondo: indipendentemente dalla stagione, dal contesto, dalla trama, le attrici c’hanno spessissimo la lingerie, ma sempre sempre sempre le autoreggenti. Anche in agosto. Terzo: le attrici tengono sempre le scarpe col taccone da brivido. Mai scalze, sempre con quelle scarpe che le fanno risultare goffe sul materasso.”

E qui la cultura è densa, spessa, intensa.

Tutta un'altra cosa


E poi l’ho baciata. E ha le labbra carnosissime e morbidissime e una lingua pazzesca. Sapeva di pizza e io adoro la pizza. E il piumino scricchiolava e io lo accarezzavo come se potesse sentire le mie mani sul piumino. E respirava con la bocca nella mia bocca e facevamo fumo e sentivo le sue braccia attorno al mio giubbotto e pensavo che se fosse stata estate era meglio. Ci siamo congelati e inzuppati di pioggerellina del cazzo, ma non abbiamo mai smesso di leccarci le lingue, appoggiati alla sua bella Mini Cooper S color panna col tetto nero e i cerchi in carbonio neri, ma lei è molto più figa della Mini e poi lecca la lingua benissimo. E che bel culo, nonostante quei jeans di lamiera. Bello, tondo, sodo, bello. Che meraviglia leccarle la lingua.

La pizza non era malvagia. La birra era buona. L’atmosfera era quella anni novanta del bar pizzeria ritrovo dei ragazzi, che giocano ai videogames e alle slot. Io di qua, lei di là. E ci veniva da ridere a guardarci, perché lo sapevamo che un qualcosa ce lo dovevamo dire. E allora sono partito io, a razzo, a mitraglia a duecentosettanta in corsia d’emergenza.

Lo sai cosa c’è Domi? No Tazio, dimmelo.
C’è che mi piaci perché hai un odore che mi fa decollare, mi piace come tieni le mani, i bracciali che tintinnano, mi piace andare al parco con te perché non fai niente eppure mi sento al sicuro, mi piace da impazzire la tua bocca, perché solo a guardarla, solo a fissarla, per quanto io gli dica che non è il caso, lui insiste, si alza, si irrigidisce sulle sue posizioni, si impettisce e fa il testone grosso e insiste per uscire a vederla anche lui la tua bocca, che va sempre a finire che c’abbiamo un rapporto conflittuale quando ci sei tu in giro, che a casa poi è regolare che lo strozzo con un pugno finché piange.

E lei ride. Ride con le mani a preghiera davanti alla faccia, come quando da bambini la suora diceva “Ditemò la preghierina da bravi” che tutti cominciavano a borbottare nelle manine, ecco lei rideva così davanti alla descrizione della conflittualità inguinale post uscita con lei.
Pensavo di non piacerti” mi dice, farisea, sullo strascico di una risata ed io, a quel punto, afferro gli estremi del tavolino e lo faccio tremare dicendole “sicura?” come un ossesso scatenato, che tintinnava tutto e poi continuo a sparare una montagna di inarrestabili cazzate tutte incentrate sulla quantità di seghe che mi faccio pensandola e questa cosa, condotta in termini polite and correct, ha scongelato la situazione  moltissimo, facendoci fare un grande balzo in avanti, sgomberando il campo dall’orrida eventualità del non attrarci sessualmente, che non esiste fortunatamente.

Ti devo confessare” mi dice in una pausa del turbine di Taziominchiate “che il tuo ‘fondoschiena’ induce dei pensierini eh” e ride. Le piace il mio culo! E lo chiama fondoschiena! Non dico brutalmente culo, ma poteva chiamarlo sedere! E’ timida! Ma vieni, cazzo, che adesso trovo la maniera timida di spiegarti quanto mi piace il tuo di fondoschiena e minaccio di linciarti se torni a dire che devi perdere una taglia.

E poi siamo usciti. E ci siamo leccati le bocche e le lingue ed è stato liberatorio.
Nella viscida pioggerellina gelata la sua bocca era meravigliosamente confortevole.
“Grazie di tutto, Tazio” mi dice rimanendo tra le mie braccia con gli occhi sorridenti e felici.
“Grazie a te Domi, è stato meraviglioso, anche se dovrò affrontare una gran lotta libera, una volta a casa” e ride squillante.
E ci ribaciamo e sale in macchina con l’aria felice e parte, mentre io faccio il Labrador abbandonato a bordo parcheggio che saluta con la manina, cercando di assumere la più mesta delle espressioni e lei abbassa il finestrino e urla “Daaaaaaaaaaai!!!!” ridendo e le mando un bacio e me ne manda uno e parte rombando e piove.

Che meraviglia, piove.
E’ stupendo tutto ciò.

giovedì 1 dicembre 2011

Motore! Partito! Ciak! Azione!


Ore diciannove. Necessitano circa trentatre minuti per raggiungere il casello laggiù, quindi, essendo l’appuntamento per le venti e quindici, bisogna che parta da qua alle diciannove e quaranta che vai mai a sapere tu e io odio arrivare in ritardo. Anche in anticipo, ma meglio in anticipo che in ritardo. Anche se l’optimum è arrivare giusto e io devo arrivare giusto. Cazzo.

Questa sera è decisiva. Questa sera è strategica. Questa sera è catartica.
Questa sera, in quella pizzeriuola da due soldi, il Tazio va in scena con “Domi sono pazzo di te, guai al cielo se mi dici di no” un capolavoro in un unico atto in cui il protagonista si produce in fantasmagorici turbinii dialettici rivolti a carpire il cuore della bella Domi La Rossa.

Non può essere un fiasco, non esiste. Li voglio in piedi sulle sedie, alla pizzeriuola da due soldi.
Voglio che la Domi mi dica “Scusami Tazio ma devo andare in bagno un secondo a strizzarmi le mutande”.
Cazzo sì, cazzocazzo.
Così mi deve dire.
Perché non esiste che faccio fiasco. Non esiste.
Lotterò fino alla morte.
Io quelle infradito le vedo.
Quant’è vero Iddio che le vedo.
Cazzocazzo.

Massiccio.
E, ovviamente, stracazzuto.

Chiarezza


Perché chiarezza, a un dato momento, la si deve fare.
E, sinceramente, è da questa mattina che frullo e rifrullo e rifrullo i discorsi della Giulia di ieri sera e c’è sempre un qualcosa che mi infastidisce. Mica nel tracollo dei Topolons, sia chiaro. Me ne chiavo di quelli.
Mi dispiaccio solo di non poter essere appetibile per qualche lavoro, tutto là.
Forse è più probabile che sia nella Giulia, questo qualcosa.
Forse sta nel fatto che anche lei, come è tradizione nella compagine femminile di quel gruppetto tossico, si fa chiavare per portarsi a casa qualcosa?
Non lo so e non ho voglia di perdermi in disamine oziose.

Restano fermi alcuni punti, però.

Cicli rottamati


Niente va come lo si progetta, sia chiaro. All’ultimo momento il motel è stato accantonato, propendendo per casa mia. La monta taurina progettata a tavolino è stata ridimensionata, lasciando spazio a rivelazioni che ribadiscono, ancora una volta, che sono uno sterminato coglione e non mi accorgo di niente e, se anche me ne accorgessi, non lo capirei.

Una splendida donna nuda, mollemente e viziosamente stesa nel mio letto, a un tratto dice “E così la cena del ventidue di dicembre chiude un ciclo”. E già qui sono partito male, perché io sapevo che era il ventitre, ma la Giulia ha informazioni più fresche e sa che è il ventidue. Dettagli.
Chiedo cosa vuol dire.
E lei mi spiega la verità che io non so.

Chiude un ciclo. Già. Perché la cena veniva fatta per mantenersi a braccetto con alcuni figuri che erano legati a filo doppio ad uomini estremamente influenti. Ma che oggi, evidentemente, non sono influenti più e quindi da questo addentellamento trarrebbero vantaggio parassitario solo i figuri e il gioco non varrebbe più la candela. E poi, quale candela?

Mica è vero che nel panierino di società dei Topoloni è entrato Il Socio Potente e Danaroso, no. Tutt’altro.
Il panierino si è assottigliato alla grande, le società sono state chiuse, mantenendo in una sorta di ruolo tecnico solo una di esse. A Milano. E basta. Tutto il resto è deceduto mestamente.

Peppe è stato liquidato, ma non forzosamente. E’ stato liquidato e basta. Con un obbligo. però, Quello di versare parte della quota a lei. Che ci si è impuntato Luchino. Di brutto. Ed ha vinto.
E il Ruggi? Il Lussemburgo, la società? Nessuna società. Il Ruggi, molto semplicemente, si ricongiunge ai suoi soldi, che stanno là. Ha sistemato la Ade, le ha trovato un lavoro, le ha comperato una casa ed è a posto con la coscienza. Cazzi della Ade, adesso. Perché, dice la Giulia, non c’è da scommetterci che il Ruggi rimarrà in Lussemburgo, bello reperibile. Quello prende il volo.

Quindi, che cene facciamo? Siamo amici? No. Siamo soci? No.
E’ finito un ciclo. Ha ragione.

“Ci scopi con Luchino?” chiedo, animato dalla voglia di superfluo.
“Sì” mi risponde con la naturalezza innaturale a cui siamo abituati.
“Sa che scopiamo?” chiedo, animato dalla nostalgia della prova del nove.
“Ma lo sai che lo sa Tazio, dai” mi smaschera la compagna di banco.

E’ vero. Quel ciclo si chiude.
Ma a parte un po’ di inspiegabile tristezza personale, cosa cambia?