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venerdì 15 marzo 2013

Giovedì sera come Josephine Baker

J'ai deux amours, mon pays et Paris.
E dopo cena mi sorge la necessità di digerire la canard ed allora mi avventuro a passeggiare e ad un tratto vedo un negozio aperto, uno di quelli che vendono gioielli di basso costo, bigiotteria ed affini e, siccome ha le porte tenute aperte, entro. Così, per sport. Per cazzoneria, per noia. E mi metto a girare meditabondo osservando i banchi illuminati e poi, d'improvviso, la vedo e mi colpisce. Una bella magrebina, ma bella bella, riccia riccia, con il visino illuminato dal bancone espositivo e la guardo e lei, alzando gli occhi, vede che la guardo e mi guarda e io giro e la guardo e lei gira e ogni tanto mi guarda e così prendo la decisione e sfodero un sorriso Colgate e faccio un timido ciao veloce con la manina e lei ride e mi guarda e io rido e la guardo e 'sta menata si trascina per un bel dieci minuti, sinché d'improvviso lei, traditrice, si gira mi fa ciao ed esce in strada e se ne va.
Che non esiste, diciamocelo.
Per cui via, superrazzi ultrafotonici on e attraverso il negozio e esco come la furia dell'apocalisse, ma non occorreva, perchè lei era semplicemente lì, in contemplazione della vetrina accanto e allora la stampo, idiota come solo io so essere e lei ride, di denti candidi e una vocina sottile sottile e chiacchieriamo.

J'ai deux amours, mon pays et Paris.
A Parigi ciò che deve compiersi si compie senza intralci.
A Parigi c'è onestà intellettuale, nessuna prova, nessuna demo. O è, o non è.
E ci penso appena mentre lecco quelle piccole tettine dai capezzoli di cioccolato ricoperte di pelle ambrata di miele odoroso, calda, liscia, morbida, lecco i piedi belli da bambina, chiari sulla pianta, le entro dentro in un soffio, è larga, pelosissima, bagnata, carnosa, acre e seducente. La scopo forte, mi abbraccia, i ricci ispidi, l'alito profumato di pastis, le ascelle appena ispide, esotiche e salate, la pelle deliziosa da succhiare, il volto che si fa serio di piacere serio, sbatto, fotto, fotto, fotto, tra i suoi sensualissimi "oui" sussurrati, le unghie piantate nella schiena, la lingua rosa che lecca le belle labbra, la succhio, le scopo la bocca con la lingua, la giro, di fianco, di dietro, di sopra, bella, nudissima, caldissima, la mangio, la lecco, le infilo la lingua nel buco del culo scuro, carnoso, estroflesso, e lei viene in un pianto tenero e grazioso, un tono delicato, soave e musicale e poi balza come una fiera, mi spoglia della gomma impersonale e attacca un gran pompino rumoroso, con le guance depresse e la pelle un poco lucida e le scoppio nella bocca e lei, abile, lascia uscire la sborrata che mi cola lungo l'asta e lei sega, succhia e mugola, spalma sborra sulle tette e le dita le si imperlano di lucido, come il mento e le tettine e poi basta, ci si schianta ad ansimare, nella mia stanzetta anonima, che comincio già ad amare.
Che poesia.

Nessuno chiede niente a nessuno.
Ci siamo piaciuti, avevamo voglia di farlo, l'abbiamo fatto.
Mi ritrovo nudo, seduto sul letto, tenendo la mano a quella stupenda magrebina che mi guarda sorridente, vestita di tutto punto perchè sta andando e poi si china, mi bacia, mi sussurra che le è piaciuto e poi conclude, sulla porta, dicendo che ci si vede in giro.
E se ne va.

J'ai deux amours, mon pays et Paris.
Questa città è divina, divina, divina.
Una città divina per Tazio il Divino.
Vualà.

giovedì 14 marzo 2013

Cose

Che giovedì dimmerda, amisgi.
Stamattina sono arrivato nell'ufficio dei mattacchioni dai caratteri spumeggianti ed ho scoperto che c'era una riunione.
Per cui, con un timido e rispettoso "Oh scusate" mi sono trovato in corridoio, pressochè senza un luogo in cui stare. Ma l'Efficentazio non si perde d'animo e, con il coglione discretamente rotto, mi sono accomodato in sala d'attesa, col mio fido Pro, facendomi una bella scaippata text col Mentore. Col quale si sono decise delle cose che mi faranno discretamente divertire nei prossimi giorni.
Per ora continuo a redigere con minuziosa cura il diario di bordo, annotando i movimenti di tutti, i tempi ed i luoghi.
Una spia vigliacca, qual miglior ruolo per me?

Ma non è di queste cazzate che vi voglio ansiosamente parlare.

Ieri sera, al solito bistrot, sono stato abbordato. Che figata.
Si chiama Fanny, ha una cinquantina d'anni, a spanna. Bella donna, veramente. Da giovane doveva essere uno schianto pazzesco, essendo che è parecchio figa e me lo fa tirare in continuazione anche adesso. Occhi azzurrissimi, grandi, capelli a caschetto biondo cenere, magra, elegante, simpatica e, soprattutto, molto molto alcolizzata.
L'ho trovata decisamente irresistibile da subito. Mi ha offerto da bere.

Fantastico, l'ho adorata perchè mi ha fatto sentire puttanella.
Io col francese tentenno, ma Fanny non tentenna per nulla con l'inglese ed è discretamente scheggia anche con l'italiano. Ha vissuto molto in giro per il mondo ed anche in Liguria, per diversi anni. Fanny e una macchina con alimentazione a rosè, molto rosè. Però tiene la balla che è una meraviglia e quando è ubriaca è molto sensuale. Insomma abbiamo parlato e riparlato, flirtando. Alla fine, parecchio sbronza, ha appoggiato la testa ad una mano, mi ha guardato e mi ha sussurrato "…sei così bello…" e, contemporaneamente, mi ha fatto piedino.
Ci può essere qualcosa di maggiormente sublime al mondo? No, amisgi, non c'è. Avevo la cappella che si vedeva dal collo della camicia.

Ci siamo praticamente scopati con gli sguardi, le parole gonfie, le carezze, i piedini e le palpatine. Lei sorrideva provocante, bellissima, bellissima.
L'ho riaccompagnata a casa, che abita lì vicino.
Sul portone ci siamo esplorati gli stomaci con la lingua,  come due ragazzini, in un abbraccio carnale.
E come una ragazzina mi ha detto, un po' roca "Come prima volta ci fermiamo qui… sono una ragazza all'antica…" e poi ha riso con quei denti perfetti.

E mentre entrava nel portone io mi sono affannato con degli sciocchi "Ma senti, ma lasciami il tuo numero, come facciamo a rivederci??" e lei, suadente, sensuale, alcolica, mi ha risposto indicandomi un campanello: "Sai dove abito, come mi chiamo, sai che locali frequento, come fai a non vedermi più?" e soffiandomi un bacio si è dileguata nel buio del suo androne.
Sarò pazzo, ma per me questa cosa è una gran figata.
Gran figata, sì, sì, sì.

mercoledì 13 marzo 2013

Punteggiature puntiformi dei punti delle puntate precedenti

L'unica cosa che detesto di Parigi è il freddo.
Biologicamente sono programmato che, a marzo, comincio a sentire la temperatura esterna alzarsi, mentre qui continua a gelare e a gelare di brutto.
Ma nei bistrot è caldo, sì è caldo.
La ragazza di colore, molto bella e dai tratti delicati, flirta col ragazzo di colore, bellissimo maschio erotico. Lei ha sbagliato, si è messa i collant tinta carne e sembra malata. Di un bel cioccolato di sopra e poi spuntano quei piedi color cappuccino. Ma tanto lo sa, appena è nuda diventa sfolgorante. Anche lui, con quel bel sedere rotondo. E chissà che bel cazzo avrà.

Da due giorni mi sono addentrato nei complicati meandri del mio ruolo lavorativo sotto copertura. Il Mentore ha ragione ad avermi mandato là, ci sono moltissime cose strane. Prima tra tutte: non ho un ufficio. Perchè? Perchè nessuno ha detto a qualcuno che dovevo averne uno. Anzi, nessuno ha detto a qualcuno che io sarei arrivato, però loro, pur non essendo gentili, mi ignorano senza complicazioni. E poi il "capo" non c'è. Chi è il capo? E' forse un socio? No. E' il direttore di produzione. E siccome al momento non si sta producendo, lui non ha nulla da dirigere e quindi non c'è. Dov'è? Non si sa.
Per cui io sto lì, in sala riunioni col mio portatile e ogni tanto esco. E appena esco, qualsiasi assembramento si disperde e le porte degli uffici si chiudono. Gradevole incarico, vi pare? Oggi, per esempio, ho deciso di non andare. Non voglio che si abituino ad una mia regolarità.

Il weekend londinese è stato interessante. Abbiamo affondato la vanga affilata nelle reciproche carni ed abbiamo raggiunto il livello di pareggio informativo, accompagnato da una costruttiva consapevolezza del bene e del male. Ma, nel nostro caso, il bene ha vinto sul male e siamo ancora, felicemente e volutamente, assieme. No, decisamente non posso, per la mia anima, stare senza di lei. E viceversa. Com'era il titolo di quel film? Amore tossico. Anche se noi non siamo tossici di eroina, ma ciascuno dell'altro.

La bella finladesina l'è a Praga a girar porno. Ho la sensazione che non la vedrò mai più e la sensazione che non mi mancherà affatto.
La cameriera del bistrot ha le gambe muscolose e non indossa calze sotto la gonna nera dell'uniforme. E' biondo platino spennacchiata, ma sotto si vede una ricrescita nera corvina. E' sempre imbronciata e per nulla socievole. Quando risalgo in camera, dopo aver cenato lì, mi faccio una sega pensando di incularla nel mezzo del bistrot, con tutti attorno che guardano e urlano incitamenti infoiati e selvaggi.

Sì, forse dovrei tornare in analisi, come qualcuno ha saggiamente commentato da qualche parte.
Però mi trovo discretamente simpatico e non mi farei mai più un torto del genere, visto che sono così dopo esserci già stato.
Fra qualche minuto arriva la signora a rifarmi la camera, per cui adesso trasloco di sotto, faccio colazione e poi, magari, ci si sente dopo.
Bonsgiur.