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venerdì 26 aprile 2013

Incompatibilità di vedute dirigenziali

Mail a fiumi mi comunicano che sono un pezzo dimmerda umana, altre mi chiedono dove cazzo sono finito, una mi spiega che dai primi di maggio l'agenzia trasloca nel capoluogo di provincia taziale, lasciando libero l'immobile, saldandomi in un'unica soluzione tutti gli affitti da qui a fine anno, come da accordi scritti e un vecchio Mentore mi racconta di essere in procinto di uscire dalla società italo francese "causa incompatibilità di vedute dirigenziali" e quindi, in nome dell'antica amicizia, preferisce lasciarmi libero di valutare tutte le ipotesi che, certamente copiose, si staranno facendo avanti.
Incompatibilità di vedute dirigenziali.
In compenso da qui la veduta è ottima, essendo rivolta verso una nera stupenda, formosa, dalle tette imperiali e dal culo provinciale, che mi sbatterei lì, sulla bancarella dalla quale vende le sue cose.
Bene, dai.  

Boogie

Il caldo è africano, la notte pure, l'umidità è tropicale, la birra europea, poi arriva dal dietro e si siede davanti, a quel tavolo, annoiata, nera notte, con addosso un tubino verde mela che va dalle tettine alla base delle chiappe del culo e c'ha uno stacco di coscia che è un insulto alla fisica dei corpi, ma un elogio alla chimica dei miei ormoni e mentre la guardo sento che mi si intosta la Minchia Rampazza e sono felice di sentirla reagire, di ritrovarla dopo tanta calma meditativa e allora incrocio i suoi occhi e col capo faccio un cenno in merito all'andare di là e lei, scazzata e infastidita, alza il culo e viene da me ciabattando su quegli zatteroni, si siede sulle mie gambe e mi dice che il biglietto farebbe 50 e io rido e le infilo una mano tra le cosce di seta e mentre salgo le dico che 50 è un biglietto per due e che io sono uno e quindi le dò 25 e lei allarga le gambe lasciandomi toccare la sorca nuda e pelosa e mi dice che io c'ho il prezziario vecchio e che anche con la riduzione non si fa meno di 30 e io dico ok e lei si alza e mi prende per mano e andiamo di là.

Un triangolo a puà di ciuffi di pelo arruffati, palline di pelo in un triangolo perfetto, sfere solide e triangolo piano, la geometria dell'Africa odorosa di piscia, sudore, chiavate luride e l'Odore di Donna che bevo, lecco, annuso, mi ci bagno la faccia e mi ci inzuppo la lingua, mordo succhio e lecco, fotto di lingua, di dita, nel buco della fica rosato e nel buco del culo tinto d'inchiostro, mia sensuale Gazelle che giaci a gambe aperte e mi lasci godere del tuo odore selvatico, erotico e selvaggio, sublime droga, straordinaria esperienza religiosa e mistica più di qualsiasi messa latina.

Ti mangio, vorace, lento, insaziabile e tu cominci a godere e ti sento e questo mi esalta, mi piace sentire le tue dita tra i capelli, mi piace come inarchi la schiena a occhi chiusi, mi piace come guardi il mio Cazzo Randello Martello Rampazzo quando mi alzo a mostrartelo duro come la roccia calcarea del Mozambico Orientale e tu lo guardi dritto negli occhi e lo prendi in bocca in un soffio e mi tiri la pompa più calda, salivosa, scivolosa e golosa del mondo conosciuto e anche di quello sconosciuto.
Hai la bocca più carnosa, calda ed eccitante di qualsiasi fica bianca, succhi con abilità incredibile, me lo tiri a Marmo carrarese del tipo Ultraduro e poi scarti un gommino e me lo metti con la bocca, che te l'hanno insegnato i bianchi dimmerda, poi scivoli sulla schiena e mi guardi con gli occhi del Delizioso Peccato e apri le gambe e io ficco il mio Asso Di Bastoni Rampazzi nella tua Fica Sovrana e ti chiavo.

Respiri e mi guardi e ti alzo le braccia e te le piego sopra il capo e ti lecco le ascelle africane, l'afrore del sesso crudo, delizia per naso e lingua e ti impalo spingendo la Trivella Imperiale sino in fondo, sino a che chiudi gli occhi e apri la bocca e emetti una gutturale "A" gentile, ad indicarmi che la cappella ti sta entrando nella cervice e sto chiavandoti l'utero e questo fatto di perforarti finchè ce n'ho mi eccita in maniera mistica e sublime ed iniziamo a traspirare lucidandoci a poco a poco, nel bollore del sesso e nel calore dell'Africa Nera.

Ti sollevo le gambe e me le appoggio sulle spalle, spingendo forte, in fondo, voglio toccare il fondo dell'utero e tu mugoli piacere e il profumo africano dei tuoi piedi mi trasforma in una Bestia da Monta e ti sbatto, sudando, godendo del tuo sudore che ti rende nera lucida, come fossi coperta d'olio e spingo, fotto, lecco tra le tue dita e godo e tu ti aggrappi e mi dici quasi timida "Oui" e allora girati di fianco, senti come entra, senti come scivola, ti masturbo fottendoti e tu rantoli, e io sbatto e frullo, tutto dentro, tutto nella tua fica, nel tuo utero, voglio che godi bambola d'ebano, voglio godere e allora girati, cagnetta pecorella, senti come ti scivola in fondo?, sì lo senti eccome, con quella stupenda schiena sudata e quel culo superbo in mezzo al quale sorge quel gnocchetto nero che voglio scopare assolutamente e ti giro, mettendomi di schiena, senza uscire dalla tua fica e ti metti a cavalcare selvaggia, sbattendo forte per sentirlo meglio, per sentirlo come ti piace, per prenderlo tutto fino in gola e ti accarezzo le piante dei piedi bianche, e le chiappe del culo nere e ti alzi di scatto, ti giri, ti impali di nuovo, rivolta a me, piegata su di me a fottermi la bocca con la lingua grossa, mentre il tuo bacino sbatte e cominci a venire ed è meraviglioso sentire come godi, come lo prendi, che c'avrei voglia di sborrare anche io, ma invece no, aspetto e quando sei venuta ti schiaccio di pancia sul letto e ti lecco il culo, ti fotto con la lingua e ti sento che ti schiudi e quando ci punto il cazzo tu mi aiuti, entri col dito, ti allarghi mi guidi e sento il caldo del tuo intestino vellutato e scivolo e tu spingi e ti inculo, prima lento, poi più forte, ti inarchi ragnetta, lo prendi, tutto, ti muovi sensuale a occhi chiusi e sei talmente bella che mi fai venire in due colpi e ti vengo nel culo sbattendo e tu mi inciti a venire, vieni, vieni, vieni, vieni.

***

Giaccio con te su quel letto puzzolente di sudore e sborra e vivo un momento d'estasi sublime. Sudati, affannati, nudi, abbracciati.
Chi non sa di cosa sto parlando deve assolutamente scoprirlo.

Fermiamo il tempo.
Disperatamente, finchè ci riusciamo.
Poi torniamo di là e c'ho voglia di te più di prima, incantevole Gazelle.
Adoro questo posto.
Sì.

mercoledì 24 aprile 2013

Cazzo ridi?

Svaccati sulla terrazzina del Libellule ci ingozziamo di birra danese e prendo info sulla fattibilità, da parte di un Toubab come me, di affittare una macchina e tirare dritto a nord, fino a Saint-Louis. Maurice mi dice che la strada è ottima, che non ci sono problemi, che in tre ore e mezzo ci arrivo come un pascià. Poi mi dice, saggio e scaltro, di mettere casualmente nella patente internazionale un po' di banconote e… morte nel cuore. Arresto cardiaco. Stop.

Io NON ho la patente internazionale.

E mentre realizzo che la mia gita a Saint-Louis è mestamente scivolata nello sciacquone del cesso, il cioccolatino ride come una scimmia, ma una scimmia ubriaca. In mutande, in piedi, brandendo la bottiglietta di birra gli comunico che sto per ucciderlo, quando lui mi riconduce alla calma.

Non c'è problema.
Nessun problema.
Calma.
Calma.
Calma.
Non ho la patente internazionale?
E perchè non ce l'ho?
Semplicemente perchè Maurice non sapeva che avevo bisogno di una patente internazionale.
Maurice ora lo sa che ne ho bisogno? Sì.
Quindi non c'è problema.

Mi abbandono sulla seggiola, e finisco la birra.
Maurice ne apre altre due e me ne passa una, con una fila di denti abbaglianti che spuntano dal nero di tutto il resto.

"Tu devi stare calmo, amico mio. Tutto si risolve."
E battiamo le bottigliette e finiamo di ubriacarci come due rinoceronti.
"Bella Dakar di notte, romantica" dico fissando davanti a me la casa al di là della strada che è come essere seduti in garage a fissare la parete di fondo.

Dopo cinque secondi, il tempo che la battuta attraversasse tutta la birra che aveva bevuto, Eddie Murphy comincia a ridere come un'idiota.

Madò.
Sono in Africa, in mutande, a bere birra a fiumi con un amico nero come il petrolio.
Ma chi mi muove a me?

martedì 23 aprile 2013

L'oblio sudato e impolverato

Gli uomini siedono e parlano in francese di alcuni casini alla frontiera col Mali, che là fa brutto. Siedo su una seggiolina, sudato come un porco, perchè c'è un'umidità da Blade Runner, bevendo l'ennesima birretta ghiacciata.
Passa una ragazza stupenda col vestitone e mi chiedo se sotto è nuda o ha le mutande.
Che senso ha mettere le mutande sotto il tunicone? Nessuno.

Ho i piedi bianchi di polvere fino alle caviglie, l'aria è irrespirabile e il frastuono pure. Un terzetto di bambini, il terzetto numero sedicimilaquattrocentootto, mi approccia in francese battendo cassa a suon di sorrisi e io in francese gli svuoto le tasche e dico che non c'ho un franco. Se gliene dai uno si girano voce e il pomeriggio ti costa un miliardo di franchi. Però vi giuro che è dura resistergli, sono bellissimi.

Bevo e avverto una zaffata di hashish e cerco di capire chi è che sta fumando, ma non ci riesco. Bevo e considero un fatto straordinario: sono otto giorni oggi dall'ultima chiavata. E non ho smanie, furie, crisi, manie, no. Certo ogni tanto mi si scappella quando vedo certi culi, certe tette e certe bocche, ma credo si scappellerebbe a molti.
L'ultima sega l'ho fatta domenica, cioè, vi rendete conto?

Questa piega ascetica mi indispone e mi spiazza al punto che andrei forzatamente a troie stasera. Ma il pensiero di mangiare con Sara e Ibra dopo una bella doccia e aspettare Maurice per caricarci un centinaio di birre sulla terrazzina del Libellule mi piace di più.

E' fatto così l'oblio?

lunedì 22 aprile 2013

Le armate e gli aromi

Qui ci sono due armate infinite: le mosche e i bambini.
Visivamente, la seconda è più graziosa della prima.
Percettivamente, sono di pari fastidio vorace e aggressivo.
Si combattono la sopravvivenza e, quindi, combattono anche tra loro.
Dispiace sapere che la prima, molto più spesso, ha la meglio sulla seconda.

E mentre in Apocalypse now l'odore del napalm aveva l'odore della vittoria, qui l'odore di merda ha l'odore della sconfitta.
La sconfitta dell'uomo.

Ed è bello poter fare queste riflessioni e postarle con l'iPhone.
Mi rammarico di non poterlo riporre in una custodia di Prada.

domenica 21 aprile 2013

Tutti al mare

Il mio fratello adottivo Maurice oggi lavorava. Gli ho anche proposto di affiancarlo alla guida, che così mi vedevo la città, ma lui mi ha risposto che sono matto, ridendo, che non si usa, che gli avrei rovinato la piazza, di togliermi da torno e di andarmene in spiaggia, che è domenica e c'è giro.
E mi ha mandato alla spiaggia di Ngor, davanti all'omonima isola a ovest, dicendomi che quello sì che è un posto dove i Toubab rimorchiano pacchi di fica nera e poi mi ha mimato la pecora, con la mano destra elegantemente appoggiata alla nuca e l'espressione di godimento, tutto questo finchè non l'ho, doverosamente, spedito a prenderselo nel culo e lui ha riso come un matto abbracciandomi da dietro.

Maurice è uno spettacolo.
E allora, alla volta di mezzogiorno, mi sono avviato. Divisa balneare: bermuda, camicia, infradito e occhialazzi da sole, cinquantamila franchi e la fotocopia dei documenti.
Ho mangiato per strada quel riso cotto nel sugo di pesce che non riesco mai a ricordarmi come si chiama, figuriamoci a scriverlo, ho bevuto una Dab gelata e ho camminato verso ovest finchè il caldo e la rottura di coglioni non mi hanno consigliato di trovare una soluzione.

E a Dakar la soluzione di mobilità veloce ha tre nomi: o taxi, o taxi brousse o car rapide. Differenze? Il primo è un'automobile e ci sale chi la becca (normalmente), il secondo un'automobile tagliata e modificata per portare un numero di persone che va da sei a otto, il terzo un camioncino del fruttivendolo sul quale siedono sino a venti persone.
Ho agguantato l'ultimo posto su un car rapide direzione ovest, che mi ha scaricato a un chilometro da Ngor. Ho bevuto una birra, cazzeggiando in un negozio di alimentaribarristoranteabbigliamentoricambimotorescarpe e poi mi sono rimesso in marcia e sono arrivato.

Posso dire?
Secondo me come spiaggia c'è di gran meglio.
E' una bolgia infernale e di fronte a sè ha spiaccicata l'isola di Ngor, quindi panorama a perdita d'occhio zero.
Ma voi sapete che io ricerco sempre il buono, anche nel male.
E allora, amici e amiche, debbo dirvi che lungo la spiaggia c'erano dei manzi di ebano, ma dei manzi di ebano, ma dei manzi di ebano, alti, muscolosi, lucidi di olio e sudore, con dei gonfioni nei costumi colorati, che erano commoventi.
Un esercito che batte la spiaggia (e non solo) in lungo e in largo, attaccando bottone con tutte le Toubab, non importa se sole o accompagnate. Sai mai che il maritone papone decida di regalare alla mogliettina agè un diversivo alla solita mezz'ala di pollo malconcia, sostituendola con un bel tubo di porco nero dalle dimensioni incredibili.

Le ragazze, invece, frullano i bar che danno sulla sabbia.
Dei culi da segno della croce, un brulichio di putanansgi che ti chiedi se sei in paradiso o cosa, ma vi dirò che il loro modo di parlare, concitato, a voce ultra alta, gesticolante, quasi bellicoso, mi dissuade.
"Salgono da sud per farsi la giornata" mi dice il barista, sorridendo complice in un inglese quasi sofisticato, quando mi tappo l'orecchio perchè una mami di ventanni sta urlando come una sirena.

Quindi, amici leghisti, sappiate che anche in Senegal ci sono le terrone e sono chiassose.
Sappiate anche che ogni punto geografico, individuabile da coordinate polari, ha un sud ed è, a sua volta, il sud di qualcos'altro.

Staziono al bar, nella techno disumana, accarezzato dalla brezza e da improvvise vampate di ascella maculata da guerra chimica, bevendo un tè verde ghiacciato che il mio amico rinforza di vodka. Minchia se è buono. Dissetante a canna.
Poi, suddenly, vengo abbordato da una Femmina.

Femmina che merita descrizione.
Calza ai piedi sandali alla schiava, piatti. E' nera come il carbone ed è alta come me, che nano non sono, battendo quota 192 centimetri. Muscolosa ed elegante, zigomi pronunciati, una bellissima bocca e due occhi assassini.
I capelli sono rasati, ma non a pelle. Si arricciano in quelle bellissime palline che io adoro. Veste una minigonna stampata a pitone, una maglietta color cipria chiusa dietro al collo, che lascia scoperta la schiena e incanta di ballonzolio di tette sode e forme golose. Tintinna di orecchini e bracciali e ha una borsona a tracolla, gli occhiali neri D&G in testa. Bellissime unghie delle mani, bellissime unghie dei piedi. Smalto color oro.

E' pacata, si siede accanto a me e accavalla le chilometriche gambe. Parla in inglese.
Piuttosto bene, anche. Si presenta, mi fonde lo sguardo con gli occhi, cazzo che figa.

La Femmina Mammifera si chiama Njira. Che si pronuncia Sgira.
Ventidue anni, viene dal Ruanda. Oso di chiederle se è Tutsi, lei sorride al neon mangiando la fetta d'arancia del suo cocktail e mi dice che possiamo dire di sì.
"Da dove vieni?" mi chiede.
"Londra" rispondo e lei ride.
"Non con quell'accento" incalza sorridente.
"E allora da dove vengo?" chiedo giocando.
"Secondo me sei o tedesco o olandese" mi dice dopo un briciolo di riflessione.

Tedesco o olandese a me?????????

Mi incazzo e lei ride divertita, mi piace Sgira.
Si scherza, si ride, la prendo in giro, mi prende in giro, ma Sgira ha una marcia in più, una classe in più, lei non viene da Sud per farsi la giornata a urli, no. Lei è una prostituta stanziale di quella spiaggia, di quel locale, di quell'albergo. Lei è una "Top" come mi confermerà più tardi il barista.

"Sei simpatico, sei gentile" mi dice accarezzandomi l'avambraccio "mi piacerebbe rivederti" e ammicca molle e sensuale.
"Come si fa perchè ciò accada?" chiedo serio e charmante.
"E' facile" mi dice infilandomi le pupille nere nelle mie "basta che vieni qui di sera e mi trovi."
Poi si cala gli occhiali sul naso, saluta il barista, mi soffia un bacio sorridente e se ne va, portando via quel patrimonio dell'umanità che è il suo culo.

Oh, voi non crederete a quanto sto per dirvi.
Mi sa che ci torno qui, sapete?
Di sera, magari, che dite?
Ah, l'Africa mi rende creativo, sì.

Lezioni di fica: Maurice insegna

Nei locali notturni ci sono le bianche che cercano minchia nera gigante e minchie nere giganti che cercano i soldi delle bianche e minchie bianche mignon che cercano fica nera e fiche nere che puntano a maneggevoli e per nulla fastidiose minchie bianche mignon a cui sono appesi portafogli giganti.

La realtà femminile del Senegal, ma più nello specifico di Dakar, come mi spiega Maurice, non è complessa. Le ragazze non si fanno molti scrupoli e nella maggioranza dei casi si prostituiscono. Prostituirsi non è un'onta, è un lavoro con cui fare soldi veloci a spese dei ricchi (bianchi e neri) e diventare, a quel punto, ricche e fighe per poter lavorare di più e via così. Delle Robin Hood, sino a un certo punto. Eh sì, sino al punto in cui non diventano, a loro volta, ricche.

La prostituzione è di due categorie: occasionale o fissa.
Nell'ultimo caso, seppur non permessa legalmente, è ampiamente tollerata ed esiste addirittura una sorta di elenco a cui vengono iscritte le prostitute pro e questo elenco comporta anche accertamenti medici periodici e blah blah.
Un Ordine Professionale, insomma.

La prostituzione occasionale, invece, ha diverse gradazioni: può essere finalizzata ad una serata ostriche e champagne e disco alla moda e vestitino e sandalini (considerando quello che vediamo quotidianamente nella "civile" Italia, non la chiamerei prostituzione), può essere finalizzata a raggranellare qualche franco per progetti più ambiziosi, può essere la qualunque cosa.

Poi, fuori dal campo della prostituzione, Maurice mi spiega che, comunque, le donne senegalesi sono fissate col sesso e che esiste un fenomeno chiamato mbarane. Me lo sono fatto ripetere ventiquattro volte per memorizzarlo e gliel'ho ripetuto trentasei con lui che rideva e gridava "STOOOOOOOOOOP".
Cazzo è il mbarane, mi chiederete.
Semplice: poliamore. Ogni donna senegalese ha almeno tre o quattro amanti/fidanzati se non è sposata. Se è sposata, invece, anche.
Perchè tutto ciò? Maurice mi spiega che con questo sistema, la donna mbaraneuse ottiene regali, vestiti, profumi, scarpe e (grande differenza, mi sottolinea Maurice) NON è detto che si faccia chiavare da TUTTI i suoi fidanzati/amanti/pretendenti pur recanti doni e danari. E siccome il negozio non è matematico, la mbaraneuse NON viene considerata una prostituta.

E gli uomini?
Gli uomini hanno, ovviamente, più di una donna. Una società poliamorosa, quindi.
Chiedo come venga confezionato il concetto di gelosia e Maurice mi dice che ci sono, anche lì, diverse gradazioni. L'importante è non parlarne in giro. Risolto quello, tutto è lecito. E mi dice che ha amici, anche tra quelli che ho conosciuto, che non lavorano, non fanno nulla, perchè la moglie mbaraneuse, quando ha bisogno di quattrini, suona il campanello a ciascuno dei suoi amanti e il bilancio familiare è in ordine.

Poi mi fa anche altre esempi, come quelli degli operai che hanno un contratto di lavoro all'estero e la moglie rimane in Senegal coi figli.
E' ovvio, mi dice, che abbia bisogno di molti maschi per soddisfarla in mezzo alle gambe ed in mezzo al portafogli. Chiedo se anche contemporaneamente e lui fa una faccia che assomiglia a Fernandel, alza le spalle e dice "Perchè no, anche, sì" come se il mio fosse un ozioso ragionamento.

E vi dirò che la cosa mi disturba un pochetto eh e vi spiego.
Vorrei incollare la verità sulle donne africane del Ponzellini Celi:

"
a) le africane ci stanno tutte
b) le africane hanno sempre voglia
c) le africane si fanno fare di tutto
d) mai pagare un'africana professionista più di 35.000 franchi, cioè cinquanta euro.
"
Le prime tre condizioni me le ha verificate Maurice, spontaneamente.
Passo alla quarta, chiedendo quanti franchi è giusto pagare una prostituta. E mi risponde 25-30.000. Chiedo la sua opinione su 35.000 e lui mi dice che deve essere veramente uno schianto.
Ponzellini Celi 4, Tazio 0.

La curiosità mi spingerebbe a chiedergli se anche Sara, la giunone d'ebano del Libellule, è una mbaraneuse. Ma fortunatamente mi blocco a tempo: Sara è sua sorella.
Grande Tazio, che controllo della situazione.
E poi mi viene in mente una cosa e allora gli chiedo "Maurice, ma le angolane? Come sono le angolane?" e lui mi guarda come fossi pazzo.
"Le angolane?" mi chiede non capendo.
"Le angolane, sì, Angola, Luanda" dico come un coglione.
"Sì, so cos'è l'Angola" mi risponde pacato rimarcando quanto coglione sono "ma non ho idea di cos'abbiano di speciale le angolane. Ce l'avranno come tutte le altre, credo, no?".

Penso di sì, in effetti.
Anche se Ponzellini Celi...