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giovedì 4 giugno 2015

Rigare dritto

Che dormita da Gran Sovrano della Stramazza Bufalazza mi faccio qui nell’albergazzo di Riga fatto per quelli appassionati di biga, amisgi che numerossi non mi cagate di pezza dalle vostre casse.
C’ho una camerona che è una meraviglia delle meraviglie meravigliose, dalla quale vi scrivo poche note di saluti prima di scendere a mangiare qualcosa e poi tornare a ritirarmi per altro meritato, meritatissimo riposo. Ma magari prima mi faccio quattro passi che in giro c’è sempre qualcuno che suona, anche jazz.

La Lidia mi telefona, come va, come non va, come andrebbe, come andrà ed io negli effetti più che qualche blanda notizia lavorativa e la vivissima soddisfazione di aver capito parecchio di un film russo che andava in onda ieri sera, non so che dirle.
Qui il clima è così: bello frescazzo, anche se oggi c’era il sole. Il problema, per me, è la luce: il sole sorge alle quattro e mezzo e va a nanna alle dieci e mezzo circa e la cosa mi infastidisce fisicamente, non so il perché.

Domani altro lavoro sereno col più bergamasco dei lettoni che ci terrebbe tanto a presentarmi la sua famiglia e una di queste sere gli dico anche di sì.
Qui comunque si sta bene, almeno per periodi brevi, ma così bene che mi viene anche da pensare di viverci per un po’, anche in considerazione che le lettoni sono delle grandissime fighe e non paiono essere delle aliene disumane con le quali si rende impossibile l’approccio.

Ma la vita è anche dovere, per cui per me qui Riga al momento (lo sottolineo, al momento) fa rima solo con Riga e anche con Riga e sabato (purtroppo o per fortuna) farà rima con Praga che almeno ‘sta pigna dal culo me la vado a togliere.
Vi bacio con grande affetto amicale, amici cari, a prestissimo.

mercoledì 3 giugno 2015

E gira gira gira

Meraviglioso.
Vi scrivo in pausa pranzo da Riga, Lettonia, in cui sono precipitato a razzo nella notte, dopo aver trascorso un lunedì da scriba (ventinove post mi pare) in attesa di una risposta della Lidia in merito alla sua compagnia durante questo viaggio di lavoro.
In realtà, se lei fosse venuta, i tempi e gli impegni si sarebbero contratti entro la settimana, ma visto che il “no” ufficiale è giunto sofferentemente solo alle diciannove e zerodue del lunedì (capisco che ci voglia così tanto per capire se tre giorni sono sacrificabili dal’ufficio che si possiede e dà lavoro a quattordici collaboratori) dopo aver disinfettato l’appartamento per tutto il martedì, aver fatto le valige ed essermi procurato un volo a tarda ora, ho deciso che le cose sono un tantino cambiate, dato che la mia cara solitudine mi concede ogni scelta.

Rimarrò a Riga sino a sabato, dove lavorerò fitto con il più bergamasco dei lettoni che sarà a breve il mio futuro socio in una venture nuova di zecca extra lettone, ossia non composta da residenti.

Sabato nel primo pomeriggio partirò per Praga, dove ho già organizzato prima un bell’incontro con un commercialista di mia assoluta fiducia e il galoppino della società olandese anonima (mia) che ha rilevato le mie quote e poi, a seguire, una bella riunione tra i calabroni ed il consiglio tutto dell’Humble Brothel and Hotel, al fine di introdurre loro il nuovo socio e che proporrà da subito una aggressiva ricapitalizzazione sostanziale di tutta la baracca.
I dettaglia a voi riservati, per discrezione, muoiono qui.
Finiremo di litigare a tardissima notte, momento in cui io mi sposterò velocissimo con un’auto a noleggio con conducente verso la più salubre Norimberga, dove pernotterò da re come si confà ad una persona del mio rango.

Domenica all’ora di pranzo sarò ad Amsterdam, dove consumerò un frugale pasto e nel pomeriggio (che privilegi gustosissimi) sarò negli uffici della Banca dalla quale effettuerò alcune operazioni rapide e concluderò definitivamente la questione Praga, rovesciando per interposta persona tavolo, sedie, tappeti, mobilio, sorci e tubi gocciolanti merda.

Nella notte di domenica mi muoverò da Amsterdam a Londra per scopi puramente personali: visite mediche, un centro benessere, un sarto che mi confezionerà abiti di gran classe su misura e permarrò nella perfida Albione il tempo necessario, che stimato ad occhio e croce sarà circa sino a giovedì. Stabulerò nel più prestigioso degli albergoni del centro e sarà un signor bell’andare.

Venerdì, col primo TGV disponibile che non ho ancora prenotato, mi sposterò su Parigi, per avviare un week end di sesso dalla pelle nera di grandissimo lusso ed esorbitante costo, fatto di raffinata droga e ottimo champagne. Penso di meritarmelo, anzi me lo merito e basta.

Lunedì, poi, quel che rimarrà di me prenderà il primo volo per Bordeaux, dove incontrerò il Ruggi prima della sua imminente partenza per Bucarest, giusto per discutere di alcune cosette che riguardano un casale di nostra conoscenza, di cui sto lentamente maturando la decisione di entrare in possesso senza soci alcuni. Si vedrà.
L’indomani, in auto con lui, raggiungeremo poi le famose cantine, dove a seguito di una ciceronata sborona (parliamo di 250.000 bottiglie commercializzate world wide) verrò affidato alle cure di Blanche, la sua divorziata “guardiana-amministratrice-coordinatrice” che mi garantirà una presenza smaterializzata (zero cellulari, nessuno saprà che esisto e dove sono) che assai gioverà al mio danneggiato umore.

Il resto sarà storia. Non ho altri programmi, se non la garanzia assoluta di NON incontrare Milly, né di farle sapere che insisto su suolo francese dove, a prova di clamorosa civiltà, non occorre essere registrati da nessuna parte per stazionarvi, ovvero è garantita la possibilità della scomparsa assoluta in un ignoto B&B di proprietà del Ruggi situato ad una certa distanza dallo Chateau.

Spazzando furiosamente il cesso, ieri, ho pensato tutto questo.
E ne sono fiero.
Bell’attività spazzare i cessi no?
Vado a lavorare, pota.

lunedì 1 giugno 2015

Champagnati addosso

 Sabato notte 

E’ vero, avevamo bevuto l’intera regione dello Champagne-Ardenne, questo è vero.
Poi c’è stato un momento propedeutico di altissimo spessore.
In piedi innanzi a me, con l’abito nero con le bretelline, lungo sino al ginocchio e i sandali argento molto raffinati ai piedi.
Location: giusto innanzi al mio portone.
Proveninenza: la sua auto nella quale ci eravamo ingroppati come i Bonobo sotto Chalis, per ore.

“Tu una volta hai detto che se suono il piano di notte ti bagni dall’eccitazione e ti bagni le cosce e io me ne accorgo vedendoti le dita dei piedi bagnate”
“Sì”
“Ma ti bagni così tanto?”
chiedo e rido ubriachello.
“No” mi risponde ridendo ubriaca bella e buona.
“E allora mi hai raccontato una cazzata” sottolineo, pizzicandole i capezzolini fino a farle aprire la bocca dal dolore con gli occhi chiusi.

E allora lei sfila dai piedi i sandalini restando scalza sull’asfalto, recuperandoli in mano.
E poi si piscia lungo le gambe, lucidandole di sibilanti rivoli che si intrecciano sulle curve del ginocchio, del polpaccio, correndo alla caviglia, bagnando i piedi, affogandoli in una pozzanghera che va allargandosi e nella quale lei muove sensuale le dita sorridendo ebbra con quegli zaffiri stretti.

“Fammela leccare” richiedo imbestialito e serio, appoggiandola al portone e sollevandole l’orlo del vestito. E gliela lecco maniacalmente, glabra fica nuda zuppa di piscia calda, priva di mutandine che giacevano chissà dove nel  Touareg e mentre assaporo il suo nettare, la ebbra Lidia solleva il vestito da sopra la testa rimanendo totalmente nuda in strada, biascicando solo un leggero “scopami ancora che ho voglia”, cazzo Lidia no, entra, entra dentro e mi incasino con le chiavi mentre lei gira in tondo nuda in mezzo alla strada a braccia sollevate, scarpe e vestito per terra, ridendo, con qualche capannello più in là che osserva divertito.

Riesco a ricoverarla all’interno di casa a fil di fanali di un’auto che sopraggiungeva.
E poi la violento sulle scale, senza nemmeno salire, facendola godere come una pazza.

Pazzesco.

Bello però, cazzo.
Tanto bello.

Amore mi scappa la cacca che me la sto facendo addosso

 Sabato tardomeriggiale

Sabato tardissimo pomeriggio, avevo appena schiacciato un pisolo ristoratore quando, d’improvviso, il campanello suona e il citofono mi riporta alla mente i tempi andati.
“Cicciammore sono io la Ade, fammi salire che mi sto cagando addosso” e la locuzione non era intesa a metaforizzare uno stato di paura, ma riferiva proprio ad un incontenibile stato di riempimento fecale del tratto finale del tubo digerente, per cui apro con lusingato entusiasmo.

La furia sale correndo, figa come non mai, salutandomi appena, cercando con parossismo la porta mentre scandivo, inascoltato, un meccanico “DAVANTI-A-TE- E’-LA-PORTA-DAVANTI-A-TE”  e poi la vedo svanire rumorosa nel cesso, finalmente.
E da lì la odo scaricare la cagata impetuosa che la tormentava, mentre accanto alle rudi scorregge sonore e aggressive, proprie di un camionista ceco che si alimenta di soli wurstel, crauti e birra, è stato con estremo piacere che ho udito la voce soave della Poetessa dell’Ano declamare bestemmie crudeli utili a rafforzare il concetto che se non faceva presto si sarebbe cagata addosso di lì a un secondo.

Che utile che mi sono sentito.

Poi scrosci di sciacquone, getti di bidet, profumo di bagnoschiuma, richieste di permesso d’uso del mio asciugamano e, alla mistica fine, una donna stupenda, nuda sotto e vestita sopra, con in mano gli indumenti mancanti e i sandali, compare sull’uscio che richiude dietro a sé e mormora sorridente “Grazie Cicci, ti devo la vita, non la tenevo più più più… se vuoi puoi incularmi, adesso, che sono vuota come una zampogna e sento anche di più il cazzo.”
Che son parole di sopraffina fattura letteraria, se ci pensate, una sintesi estrema dei Grandi Classici del Novecento e che solamente uno stolto avrebbe sprecato adducendo ragioni di tempo scarso e così io, che stolto non sono affatto, l’ho ingroppata sul letto come la scotta di una vela in mano a un babbuino, allungandole prepotente, ed a secco (dettaglio oramai ininfluente nella Ade, dato l’abuso del suo muscolo anale) tutto il cazzo duro che mi aveva fatto pietrificare con la sua laida troiaggine scatologica, aprendole il culo come meritava e necessitava, sbattendola come una bandiera sotto il Maestrale Tarellare di forza Ventitre, godendo di quella Femmina Suprema che in cambio di un cesso per cagare si fa scopare l’intestino con tutta la golosa violenza dell’impalatore.

E veniamo urlando come scimmie catarrine e mi pregio di spruzzare il mio preziosissimo sperma sulle natiche erotiche della catarrina femmina che ne pare lusingata e/o inorgoglita, a giudicare dai guizzi bovini di lingua e i gorgoglii gutturali.

“Che bella l’inculata appena dopo aver cagato Cicci” mi confida rimuovendo le tracce spermatiche con cura, come se io non mandassi a memoria i tremila clisteri che le ho somministrato proprio in vista di sodomie ben dilatate.

“Ci rimane sempre da provare la mela amore” sottolineo preparandomi le cose per il post doccia.
“Mmmh la mela… maialone… ma lo sai che da quando me lo hai detto non riesco a togliermela dalla testa?” incalza soddisfatta del richiamo della memoria, mentre la mia preoccupazione principale è come riuscire a  togliergliela dal culo, qualora strani contrazioni intestinali dovessero bloccarne la fuoriuscita.

Preoccupazioni apparentemente opposte, ma in realtà perfettamente identiche.
Grande metafora del vivere.
(Sottile questa eh, sottilissima)

Anche i piedi delle signore di classe puzzano nel sabato primomeriggiale taziale

 Sabato postprandiale 

Sotto l’alberone vicino al bivio del cavo maestro del canale che irriga la fiorente ed operosa agricoltura della bassa, una VW Touareg grigio metalizzata porge le terga alla campagna ed il volto alla strada.

Il portellone è aperto ed all’interno del piano di carico, seduti, sostano un uomo ed una donna. Ella è scalza e porge le sue estremità inferiori ad ello che è totalmente nudo, cosa che manda in sollucchero ella, che preme un piedino sulla Randa Impazzita Rampazza Pietraia Birilla di ello, mentre dilata le ditina dell’altro piedino affinchè ello abbia di che imbufalirsi annusandone il suo pacato odore di sudore dei piedi, aggressivo nelle note, maschile nell’impianto, eccitante da manicomio nella sostanza.

Ella, col piede libero e l’ausilio di una manina, conduce una masturbazione acrobatica al femore di dinosauro di ello, mentre costui lecca, succhia, infratta la lingua e gioisce del salato nettare che alberga tra quelle dita bambine.
La performance bizzarra si protrae per poco tempo, sinché ella, stanca di cotanta acrobazia che non fa che alimentare il suo belluino desiderio sessuale, non decide di liberarsi del pantalone stretto a tubo blu notte con bordo arrotolato e delle culottine blu pervinca con piccoli fiori azzurri, per porsi a giacere di schiena con le gambe e la glabra fica spalancate, a palese invito alla copula agreste nei confronti di ello, già ben pronto alla monta taurina.

Ed i due chiavano, sbattendo proletari, scomposti.
La camicetta di ella, ampia a righe bianche su fondo bluette, una volta sbottonata rivela l’assenza di reggiseno, con effetto trasfigurante in ello che sa cogliere la simbologia puttanesca di tale assenza, mentre ella va godendo divertita della reazione di ello conseguente alla scoperta, ma soprattutto va godendo del sentirsi ripiena di tanta Suina Carne di Rigidissimo Cazzo di Porco Crudo di razza Durissimock che stantuffa, senza lesinare le forze, nella fragrante ed umida fichetta bambina e signorile di lei.

E poi ella canta, agreste, con note a tratti rabbiose e vene del collo pronunciate e ello, al termine dell’epilessia di ella, porta nuovamente il piedino odoroso al naso e schizza scomposto il suo seme sul corpo nudo di ella che, previdente e saggia, spalma con ambo le mani lasciando tramontare gli ultimi grugniti suini e moderatamente blasfemi sulle sue eleganti labbra di signora di classe.

Che bel sabato taziale, così diverso, ma così intenso di emozioni.
Penso agli amici della Solita ed una punta di curiosità culattona mi titilla il perineo.
Ma preferisco annusare.
A fondo.
Mentre ella ride sguaiata e dice “bastaaaaa pervertitooooooo!!”.
Che bel sabato taziale.
Che afrore seducente ed irrinunciabile.
Che femmina.
Ha!

Pranzi, dialoghi, ipotesi, affari, sesso, piedi sudati, parrucchiere, sabato taziale

  Sabato prandiale 

"La cosa è estremamente interessante”, mi dice mentre pranziamo sotto il telone di cotone bianco del raffinato DaNicoFuoriMano ed io, pur non perdendo di vista l’argomento, considero che la Lidia è una quarantenne veramente figa, con una fisicata che seppellisce le ventenni, con degli occhi da husky che ti possono uccidere, spaventare oppure far innamorare per sempre col cazzo duro h24.

“La cosa sarebbe estremamente interessante se la gestissimo SOLO io e te: capitali, organizzazione, personale e, promozione. Per quanto riguarda il Professor Zucchetti, scusa se te lo dico che so che siete amici, ma: punto uno o ce li ha i quattrini, punto due o sai come trovarli, oppure se vai in giro a piazzare “affari” come se fossero tuoi non essendoli, per me diventi della piacevolezza di una emorroide.”
E lei ride, annuendo, concorde.

Di cosa stiamo parlando, belli lì che mangiamo DaNicoFuoriMano dei fiori di zucca al forno ripieni di burrata e alici su una coulisse di pomodoro fresco? Dell’acquisto di un meraviglioso casale gigantesco, ristrutturato post terremoto, riconvertito a struttura potenzialmente B&B, perché il volpone che l’ha ristrutturato c’ha ricavato otto camere matrimoniali, ciascuna con bagno ultra figo, esterno pietra faccia a vista, scuri originali restaurati, salone interno con camino da casa padronale, salone parallelo per le colazioni, cucina industriale ancora col cellophane, pavimento esterno di cotto originale restaurato, piscina che Phelps ci fa l’abbonamento se sa che esiste, duemilaseicento metri quadri di scoperto totale, con arredo verde di pregio totalmente illuminato al led in maniera discreta, capanni in legno per le facilities bordo piscina e impianti avviati per la realizzazione di una spa grande tanto quanto te la puoi permettere e poi e poi e poi. Roba da paura.

E Zucchetti chiccazzè, direte? Zucchetti è il paraculo che è venuto a conoscenza dell’affare, non ha i quattrini per succhiarselo da solo, ma pretenderebbe di entrarvi in tackle con capitale altrui che, tra l’altro, vorrebbe gli venisse affidato come “capo cordata” sulla sola base della sua chiarissima reputazione di luminare accademico, oltre ad un simpatico assunto (sue parole) “in fin dei conti son poi stato io il primo a mettere il cappello sulla sedia” .

E la Lidia sorride dicendo: “Il cappello sulla sedia… mica stiam trattando due camion di granoturco… qui bisogna pensarci e se si è convinti si fan saltare fuori i quattrini (e Zucchetti se ne ha bene), se no se ne fa una ragione, oppure ci viene come ospite che noi lo trattiam da papa, perché come hai detto è mio amico.” E ride.
Poi si mangia e pausa. E io lo so a cosa pensa la Leedeeah.

“Senti Tazietto” attacca professionale dopo un po’ “di che disponibilità tua potresti parlare?”
E a me vien da ridere dentro e rispondo “Mi hai bruciato sul tempo, sai? Stavo per farti la stessa domanda!” e si ride, bavosi crotali assassini che si strisciano attorno studiandosi, ma gli affari son così. Lei mica mi ci ha portato perché avevo bisogno di prendere aria, mi ci ha portato perché le interessa che ci accoppiamo anche in quello.

Bella la Lidia.
Pantalone stretto a tubo blu notte con bordo arrotolato, sandalo a zeppa vertigine color caramello, pitonato con inserti di nabuk eleganti, unghiette bambine laccate di trasparente dalla dominante violetta appena visibile, camicia ampia a righe bianche su fondo bluette, capelli corposamente accorciati, leggermente schiariti e magistralmente acconciati (c’ha guadagnato dieci anni, veramente).
Le esequie della famosa treccia saranno tenute in forma privata presso la cappella che metterò volentieri a disposizione per la cerimonia.

Bello anche lì DaNicoFuoriMano, cucina interessante, ristorantechicfintatrattoriallabuonadistocazzo, servizio impeccabile, location discreta e distante da occhi curiosi, proprio bello. Mi ci ha portato lei, dopo l’incontro col Professore, che io manco sapevo esistesse il locale. Non indago sul perché lei lo conosca, ma sono certo che la sua fica non sia estranea alla frequentazione del bel luogo.

Poi, d’improvviso, lei mi dice la sua cifra disponibile e io le sparo ravvicinato la mia.
Ci guardiamo e diciamo che lo sforzo mancante si può affrontare, poi arriva la crema catalana con un Passito di Pantelleria “quello vero”, dice il cicisbeo del titolare che, dopo sedici minuti di esposizione delle qualità del nettare introvabile e della sua fraterna amicizia col produttore, se avessi avuto una Glock 19 gliela avrei scaricata nello scroto. Io sono molto da “versa e fuori dai coglioni, che se fa sboccare torni qui di sicuro a spiegarmi il perché, non temere”.

E si chiacchiera, ciascuno con in un angolo del cervello la rotella girante che scava su come ridurre l’impatto dell’esposizione enunciata nelle parole.

“Ma tu” – chiedo lasciando libero il Gran Porco che è in me di pascolare in tanta bella natura – “hai mai assistito alla scena di due che si chiavano davanti a te?” e abrado gli ultimi cucchiani di catalana.
“Cioè intendi due che chiavano dal vivo davanti a me e io che sto lì a guardarli?”
“Esatto”
“No, mai successo. Solo film porno, ma credo non contino ai fini della domanda, vero?”
“No, non contano. O meglio, solo parzialmente. Intendo dire: è una situazione che potrebbe eccitarti quella di essere seduta sul bordo di un letto dove due sconosciuti si chiavano, oppure comodamente seduta su un divanetto molto adiacente?”

Pausa.
Lunga pausa riflessiva.

“Allora, diciamo questo. Dipende molto dal contesto generale: sono obbligata ad essere nuda anche io? Sono obbligata a toccare i loro corpi? Loro interagiscono con me parlandomi? Perché queste tre cose trovano un mio totale ed immediato blocco che conduce al no. Il no arriva anche se mi dici che con me ci sono altri che guardano e interagiscono coi due (masturbazione, conversazione, battute, eccetera), perché troverei la cosa ridicola. Una volta ho visto un film porno francese sul modello e il suo surrealismo mi ha annoiato mortalmente. Tolto questo, la riposta è: sì, mi potrebbe piacere.”

“Allora disegno un altro scenario: tolgo la coppia etero e ci metto una coppia maschile.”
“Ferme le condizioni di prima, ok. Sarei molto curiosa.”


“E se tolgo la coppia maschile e ci metto una coppia femminile?”
“Belle e giovani?”
chiede ridendo ed io annuisco sorridendo.
“La più interessante delle prospettive allora, dico sì senza esitazione” e sorride lurida.

“Ah-aah” - dico sorseggiando il passito-fenomeno che è fenomeno di ‘sto gran cazzo – “emerge una Lidia bisex qui!”

“No, piano. Tu mi hai detto di GUARDARE e a me GUARDARE due donne che fanno sesso eccita. Le donne mi possono affascinare, sedurre, ma non credo di essere bisex. In ogni caso io sono etero al centopercento, ad oggi. Mai nemmeno baciata per gioco una donna, ad oggi.”
“Ad oggi.”
sottolineo.
“Ad oggi.”
e sorride.
Poi sistema meglio il tovagliolo e specifica.

“Caro Tazio, la sottoscritta è una donna mooolto ‘normale’, lo sai bene. Anche se a te il concetto ‘donna sessualmente normale’ è più noioso della Recherche di Proust, io te lo devo dire: nor-ma-le – e ride divertita come una scoiattola piena di chetamina e poi continua– “così nor-ma-le che, tieniti fortissimo, non ha MAI preso il sole totalmente nuda e l’ultimo topless risale a non so quanti anni fa per accontentare un amica, ma non penso meno di dieci.” e continua a ridere.
Peccato, le sue tettine sono proprio da mostrare a tutti.

“Quindi per ora teniamo distanti i dettagli estremi, vero? Adesso andiamo di nor-ma-le. Giusto?” – chiedo sia per capire, sia per far presente che non sono lo smemorato di Collegno.

“Esatto, non ne parliamo affatto di tutto ciò, che sono state cose legate al sesso con Luca e fatte per Luca e non necessariamente collimanti col mio massimo del piacere. Parliamo della mia nor-ma-li-tà. e mi guarda con l’occhio che più da troia non si può.

Puttana. Sei una gran puttana Lidia e per questo mi piaci. Perché non si capisce quanto e sino a dove tu sia una grandissima, sconfinata, maestosa puttana, granzoccola e stratroia.
Ma dentro hai del lurido potenziale che sturerò piano piano. Ma neanche tanto piano piano. Tu vuoi che cancelli la lavagna e ricominci a disegnarci sopra.
Tu sei un fottuto troione come TUTTE le donne e sei qui pronta a deliziarti coi prelibati menu che confezionerò per te, facendomi sudare per accettarli, seppur avendo voglia di una ventata di maialaggine tra le cosce che ti destabilizza, Troia.

“Ho voglia di sborrarti tra le dita dei piedi che non ce la faccio più a guardartele solamente…” mormoro da maniaco avvicinandomi al piano della tavola.
“Mmmh” - dice eliminando un nocciuolo di ciliegia con eleganza - “andiamo da qualche parte tranquilla allora, che mi sa che” – e abbassa e rallenta la voce fissandomi negli occhi con quegli zaffiri, abbassandosi anch’essa verso la tavola – “in virtù della lunga camminata con questi sandali che mi fanno tanto sudare, tu potrai godere del mio ‘aroma animale’, come lo chiami e che tanto cerchi in me…”

E sì, Lidia.
Sei una grandissima, oceanica, intercontinentale, sibaritica Puttana.
Il conto, cicisbeo, veloce, che ho di meglio da fare che bere le tue analisi delle urine.

Voilà, che sabato taziale meraviglioso.
Voilà.

Il risveglio erotico nella nudità pornografica del sabato taziale

Bonjour è il sabato taziale, soleggiato e sbarazzino anche a livello inguinale, con un avambraccio da capotreno culturista che mi dondola scappellato tra le gambe, mentre osservo la brulicante piazza maestra e la Raffa New Obsession che scula tra i tavoli servendo aperitivi.
Bonjour.
Sono pronto per la doccia-megasega focalizzata sulla mutandina macchiata della Raffa, che poi passa la Lidietta e di gran carriera mi asporterà dalla Tana del Porco per portarmi chissadove, ma un po’ il dove lo so e ci vado anche molto volentieri perché, affinché la vita perché sia fatta di schizzi e di coiti porno, deve anche essere sorretta dal vile danaro.
Mi basta dondolare il bacino per avere la minchia dura e svettante come il colosso di Rodi.
Non posso più restare al Mac amici, la mano chiama.

Venerdì sera dalle belle prospettive

“E--ah—ah—ah—ah, ma tu guarda chi c’è, ma come ti trovo di.vi.na.men.te tesora, no, no, no, scherziiiii???? Ma vorrei io essere così come sei te e—ah—ah—ah—ah” e candundio come mi mancavano queste cene cauntriscic con la gente che conta a cui, diciamocelo, la Lidia appartiene da ben che mò che mò che mò.
Ci sono gli OoooOooooUUUUUuzzzzz che ci vedemmo anni or sono e mi hanno cancellato dai neuroni col Cif, poi riconosco anche la lei dei PfffFFFaaaAAAAAmmmm che con quegli alluci valghi a squadra schifo mi faceva e schifo mi fa, c’è la Grandissima Caparezza che oggi stazza come una portacontainer indonesiana e fa finta di non vedermi e mai mi caga per tutta la sera, ma poi, fortunatamente, compare la Chelli che meriterebbe una Laurea in Ornitologia Honoris Causa per quanti uccelli ha preso in vita sua, ‘sta cappellaia pazza, ‘sta invereconda minchiaiola col pruritino sempre birbante, ma almeno estremamente simpatica.
Cinquantadueanni e non sentirli, o meglio, cinquantadueanni e sbattersene i coglioni e comportarsi ed atteggiarsi da zozza ben più zozza di quella luridissima zozza di sua figlia Agnese, non presente alla serata poiché (con grande probabilità) impegnata a deglutire il maggior numero di cazzi marocchini possibile (visto che corre voce che la giovinetta abbia passioni magrebine da crisi di nervi che neanche con gli One Direction).

“Hoi Chelli, come ti butta? Ti vedo sempre gran figa” esordisco col mezzo tono del non impressionato dall’ambiente, che dà sempre i suoi frutti.
Biondo ramata, chioma leonina, begli occhi verdi e boccona ampia iper rossettata, abbronzatura da uovo di Pasqua, ingioiellata come la Madonna del Prepuzio e mezza nuda come Mowgli del Libro della Giungla, fisicata alla grande dal personal trainer tutti-i-giorni che, por(c)ello, si applica a OGNI tipo di ginnastica con la Signora, ma devo dirlo senza scherzi ora: il fatto che lei se ne chiavi del tempo che passa e che continui a interpretare il ruolo della sorella minore di sua figlia ventiquattrenne, la rende di una figoneria tutta sua, di un puttanazzo esoterico a metà tra l’Ammiraglia della Tangenziale e la tenutaria ancora sulla breccia (per goloseria orgasmica) di un bordello costoso, ma con una cultura vasta, un acume singolare e corrosivo e una capacità critica di rara intelligenza nei confronti di quel carro bestiame di teste di cazzo che assiepano le “feste ammodo”, doti che la rendono una compagnia estremamente gustosa per chi, come me, prova erezioni imponenti di fronte alla volgarità trash.

“Tazio amore, dio se sei bello e quanto mi ti farei. Prendi qui uno sciampagnino che sembra piscia della mia micia (quella vera). Sei la mia salvezza amore, ci ubriacheremo assieme per sopportare questo geriatrico di anfetaminizzati e poi andremo a scopare nel granaio che così finiamo quello che abbiamo in sospeso dall’epoca di Esaù. Dicevi che mi si vede la gran figa? Eppure giurerei di averlo messo uno straccetto di mutanda!” e ride volgare, sguaiata, odiata da tutti per quei modi estremi, ma la Chelli è ricchissima e quindi fa il cazzo che vuole. Viva la Chelli per sempre!

Che belle ‘ste feste obbligatorie del comparto industriale che comanda. Le adoro da vomitare. Anche la Chelli le adora da vomito, ma d’altra parte dovrà pur pescare carne umana da qualche posto o no? Dovrà pur manovrare anche lei qualcosa di diverso da un cazzone duro?
Alla Lidia, invece, le feste sono sopportabili ed addirittura piacevoli, mentre la Chelli viene da lei etichettata come “quella lurida troia di merda insopportabile” che me le rende ancora più attraenti entrambi, Lidia e Chelli.

E su quest’onda allegra passa serena la serata dei veleni radioattivi, che quando la Chelli capisce che sto con la Lidia divento subito un bersaglio da centrare in tempo zero, con tanto di bigliettino fatto scivolare nella tasca della mia giacca e commento raffinato “sei tu che per far godere la puttana hai imparato le maniere ultraforti oppure è la puttana che si è tranquillizzata e si gode rilassatamente questa bella minchia miracolosa” e mi strizza di sottobanco l’uccello.
Sì, perché dovete sapere che molti anni or sono, quand’ero ancora maritato, io e la signora Chelli abbiamo avuto un furioso ingroppo romantico all’aroma di nafta nel garage di una villa che, guarda caso, ospitava una di queste festicciolone di cui anche la mia Vale ci andava pazza (veramente) e mi ha tirato un succhione con l’ingoio di grande perizia e sprezzo del pericolo di cui entrambi serbiamo un romantico ricordo nel cuore.

“Vero Tazione? Cos’era? Un Mercedes?” [l’auto addosso alla quale mi tirò il bocchinazzo soffocone]
“No Chelli, un Range Rover”
“Gli inglesi c’hanno due coglioni pelosi così in fatto di auto, poco da dire”
“Vero”
e le accarezzo una natica molle senza farmi vedere.
“Và che voglio che mi chiami prima con la ‘M’ e dopo con la ‘V’ eh?”
“Giuraci, porcona”
“Mi fai tirare i tre pisellini se mi chiami così”
(direi sublime questa Signora no?)
“Buona che arriva la Lidia”
“Buona quella sì. Telefonami in settimana, montone, che ho già tutti i buchi in larghissimo preallarme”
“Te li tranquillizzo io per bene, non ti preoccupare”
“Mmmmmmh ci conto Cazzione. Anche se mi sa che ci vediamo domenica.”
“Domenica??”
chiedo io stranito.
“Chiedilo alla tua puttana se ha accettato l’invito del Bonne Soleil a casa della Marzia.”
Il Bonne Soleil. Da quanto non ne sentivo parlare.

Che splendido venerdì sera, però e che Signora la Chelli.
Son belle cose che tirano su. Anche il morale.
Eh beh.