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venerdì 9 settembre 2016

Donna Organizzata

Nella pensioncina umida, ma onesta, una carnosa ragazza coi capelli schiariti dal sole piscia seduta sulla tazza, i bei piedi di femmina nudi sulle piastrelle turchesi e violacciaccia anni  settanta, i triangoli candidi di pelle nuda sull’ambra del sole.
Piscia a tratteggio, goccin goccino, mentre il Maschio Superbo la guarda sull’uscio, con la Mentula Maestra che pende, ancor intarsiata di vene sensuali.
S’era detto chiavagione no, ma poi s’era proprio detto? Tale sentenza prevedeva che la ragazza carnosa indossasse quelle scarpe blu a punta, con quelle cinghiette sottili a perimetrarne il nudo piede e quel mezzo tacchetto da stregabachecafottimichemiscoppiaunovaia? Non mi risulta.
E che accettasse, per giuoco, durante la pizzagione clandestina, di pronunciare lenta la parola “cazzo” trentadue volte per il sollazzo del Maschio Superbo, s’era detto? Non mi risulta.
E che in macchina, dopo il Jagermeister, si facesse trapanare le tonsille di lingua e smanazzar le mammelle turgide nel parcheggio s’era detto? Non ricordo affatto.
E s’era previsto che accettasse la copula nella pensioncina umida, ma onesta, già che la frase completa non era? Non pervenuto.

E che fosse così morbidamente e fittamente pelosa, seppur perimetrata da geometra, s’era supposto? Negativo. E che le ovali areole dei bei capezzoloni si increspassero a quel modo?
Ma mai. E che il pathos fosse sì intenso da non richiedere la recitazione di alcuna liturgia pornograficosozza, ma solo abbracciata e animale ficcagione profonda, che del profondo ella parea non averne mai abbastaza? E che venisse così tanto per così tante volte ad opera di un solo monumentale Grancazzo che di smettere d’essere granitico non intendeva ragioni neppure dopo le tre sborrate liberatorie? Magari quello sì, onestamente.
E che godesse stranita sin da leccarsi le labbra mentre la bocca mia ingoiava le inodori e appena salate dita dei piedi suoi, che di randellar la mazza, incessante, nella sua svangata ficona pelosa e fradicia non riuscivo a stancarmi mai? Supponibile.

“E domani è venerdì” dico malinconico stendendomi a letto al fianco suo.
“E’ già venerdì da quattro ore” aggiunge lei in uno sbadiglio, con ragionieristica precisione.
“Giusto. E stasera non ci vedremo, che per voi scocca il uichend” sancisco solerte e puttanello.
“Ma sai che non ti capisco? Perché non vuoi farti vedere dai ragazzi? Di cosa hai paura? Semmai dovrebbero temere loro, che si son comportati da stronzi.”
Saggia, la talpetta castano chiara, anche se mi sfugge il perché sarebbero stati stronzi, ma indagherò.
“Senti qui” – mi dice parzialmente erigendosi dalla posizione supina, scoprendo le bellissime mammelle sferiche – “noi stasera ci vediamo, se non siamo morti e tu sabato vai a pranzo e ti ci fai portare dall’Umbe. Poi da cosa nasce cosa e vedrai che sabato sera siamo tutti a cena e poi io e te ci rivediamo nel dopo serata.”

Non male l’idea, effettivamente.
“Anto, ma tu mi ci accompagneresti a Londra alla visita di controllo?” chiedo non so neanche perché.
“Dici sul serio? E quando sarebbe?” – “Certo che dico sul serio, è quando voglio.”
Pausa e si allaccia le scarpe, ma poi alza il viso stanco e in un sorriso mi dice “Sì”.
Io rido e dico “E come fai? Devo stare su qualche giorno.”
“Lasciami il tempo di organizzarmi”.

Già. Donna Organizzata.

Ma sapete che anche se si era detto chiavagione no, sono contento lo stesso?

giovedì 8 settembre 2016

Lontano dagli occhi indiscrezi

Giovedì Don Gnocchi, si sa, ma questo giovedì tocca pizza ignorante nella sera tarda in località Oblio, frazione Nessunsanessundice. Prometto di tenermi lontano dalla chiavagione e aderente alla meditazione, poiché cose qui scritte evocano ricordi non detti e impongono azioni mai fatte.
Se l’Antonella flirta il Tazio flirta se si sente di farlo con e per l’Antonella.
Altre chiacchiere stanno a zero.

Bonsuarè.

Medito muovendomi lento verso Taziopoli.

martedì 6 settembre 2016

Notti

“L’erba non l’ho trovata, mi spiace” – “Non importa, come stai?” l’abbraccio e i baci di due amicissimi che non si vedevano sin dall’asilo, che forse non si erano mai visti prima, in un'aria un po’ alla Dottor Zivago, ma con una punta di Cime Tempestose dei fratelli Karamazov e due poesie di Alda Merini, in una cornice fotografica della Abbott, ma con sotto la pubblicità del Salame Sfrappazzoni.

Che piacere Antonellina di Hawaianas imitazione-banchetto (s)calzata, unghia podalica nature, affusolata, appena cresciuta, quel giusto, quel tanto porcheo, con le pigiamine braghette e la pigiamina maglina e sotto un cazzo di un cazzo rampazzo di niente che ti ballano le mammelle come se fossi una vacca gravida su una lavatrice che centrifuga, con le gambe tutte ricoperte di pelle ambrata di Follonica e i capelli che ti si sono sbiondati, sì lo so che è il sole, fin lì ci arrivo, ma stai gran bene, grazie Tazio, ma figurati, dimmi pure Gratzio per comodità, tra di noi, eh già, mi sorridi e mi guardi gli occhi, ma allora conta, o Tazio, che accidempoli ti è succezio e io conto.

Conto fino a trentamilazerosedici, che oltre non so andare, ed alla fine della mia romanzata storia, coperta di balle a sbrega e da ovvio mistero misterioso tuoiemoi della notte emiliana gradinata di segreto, mi vien detto vieni qui che ti dò un baciuzzo e io lo accezzo, che soffro di carenza d’affetto affettato a tette e non mi insinuo linguale, no, ma appoggio signorile, appoggio lieve, come la neve, che il venticello febbrarino sparge lieve sopra i campi e nella Pieve (chissà allo spaccino che nervosone), a fermo suggello che è l’AMicizia con la A e la M maiuscole che colà mi mena, e non il mero (e soprattutto Suino) tessere e ordire, siffossi Sozza Penelope, l’antiche tele lasciate sul telaio ad ammuffir degli anni, senza far di Chiavagione alcuna bottin delle mie notti brave.

Ma ora tu, Contetta Mammellea de Tremoris, dimmi di te, che son avido delle tue avventure sartiane, avido e impaziente, trepidante, che quasi l’orinar riempie le mie emozionate brache e ad un tratto un suono, un ululato forse, o forse un villico sumero persosi in tal desolata landa, or dir non so, ma un “ooooOOOOoooooOOOooooooooaaaaaaAAAAaaaaAAAAaaaaammmmuuuuuuuuuHHhhhhHHHHHH” spadroneggia sinistro nella notte ed io mi mantengo calmo, calmo e paziente, seppur infastidito da tali aspre e acute note, che solo poscia vado comprendendo essere un antico idioma berbero dei Cavalieri Monghi dell’Alto Atlante, che pare la Antomammella parli con scioltezza dinoccolata, per quanto sia l’idioma stesso che vada richiedendo settecentomilioniezeroottantadue parole per esprimer un concetto di pueril natura sintetizzabile in un più domestico e brazzadellero “va da cazzo, ci siam mollati e ripresi, lui resta un coglione dimmerda, e io mi sono rassegnata che è così e fine.”

Bello.
Bello sapere di poter creare danni per milioni di rupie insistendo nel giuoco notturno che ora sa di acerbo sesso sospirone e poi saprà di merda a profusione, perché tanto io per ogni evenienza ho sempre la frase magica, che non è “IFIX TCEN TCEN SI INFIAMMA SUL POLSO IL MARCHIO DI EROOOOS!” del grandissimo Pontello, ma un banale checcazzomenefrega del fulgido Taziello.

E ci ribaciamo alla farfalletta sull’uscio che quelle belle tette mi si stampano morbide e sode sul petto già pronto alla pugna (specie quella che scoccherà in bagno) e caliamo il sipario nero del notturno mistero de noantri, che nessun sa che il Tazio is back, ma il Tazio sa che presto bec lo sarà il Sa-aaarti.

“Ti uozzappo domani” ella dice in rapito sorriso ed anch’io sorrido.
Tu mi uozzappi e io al più presto ti zappo come tu fossi il porno orto, tutto di turgidi carotoni, di Frà Cazzo da PornoTaziopoli, che Dio l’abbia in Gloria.
Amen.


lunedì 5 settembre 2016

Jader salvatore

Si sta facendo una certa.
Tra dieci minuti l’agenzia mi eiaculerà in macchina, mezzo con cui, con un incedere assolutamente a codice, raggiungerò Strazzamastella località Trecippe, dove mi attende quel Galantuomo, quella Perla di Adamantina Condotta, quel Fine Dicitore e Lezioso Poeta Estinto del Jader (sì Jader che si pronuncia Iader con la i di idiota), Coltivatore Diretto (diretto in galera soprattutto) dalle ampie vedute e dalle estrose e inusuali colture non protette da sovvenzione comunitaria.

Non chiedetemi come è (ri)comparso Jader nella mia scintillante esistenza che è meglio.
Fatto sta che lo Zotico mi doterà di un pugno di erbe aromatiche, previa contrattazione magrebina, che il caso vuole mi necessitino urgentemente.

Accendino e Rizla per la strada, assieme a un panozzo al crudo che se no Gesù piange.
E anche io un pochino, che c’ho ‘na moccola orba.
A la prochaine.

Lunedì inerpicato

“Non so dove andare a trovarla :-)”
Tardo pomeriggio di domenica, fiacco, fiacco al punto di non sentire il classico scappare della pipì in corrispondenza di questi messaggi.
E io? Dove cazzo la trovo io che me la procurava Virus, il secolo scorso?
Non prudente mandarla da lui, ma poi soprattutto guai al mondo, che di cazzi ne ho già di mio che anche se non vado a cercarmene degli altri va poi bene lo stesso.
Porcherie da gente sconosciuta non se ne parla, quindi fine, no erba, no party.

Per cui, alle diciassette e zero quattro invio il seguente text:
Ci penserò io, ti aggiorno.”

E dopo mi lascio cullare dalla tv e dormo sino alle ventuno e undici.
Prendo la Chimicaaminchia e mi schianto sino alle zero sei zero zero.
Bella la vita così, senza neanche la rottura di coglioni di viverla.

Stamattina trentanove minuti di auto e vualà, nell’agenzia da sogno, dove si respira la scontrosa aria del lunedì mattina, come alle Poste, o all’INPS.
Alle dieci e zero nove, come si conviene a un capo, arriva il capo, che attacca daccapo la pippa degli erpici, che non va bene come l’ho messa giù io, da cane infedele all’erpice, da popolano del dente dritto, “perché manca, come posso dirti Tazio, manca poesia”.

Poesia????
“Tipo T’amo pio erpice? Ma che cazzo vuol dire poesia in mezzo a stammerda?”, chiedo concitato e visibilmente agitato, nonostante ancora imbottito di Merdammica?
“Tazio” attacca il capo pacatamente, sistemando delle inutili carte sulla scrivania da boiardo ex sovietico, “questo è il nostro lavoro, capisci? Noi mangiamo e paghiamo gli stipendi e la luce con questa cosa che ti appare buffa o fastidiosa. Per cui adesso vai di là, ti prendi un tè deteinato e riscrivi questi testi e me li porti che dobbiamo impaginare.” 
E c’ha ragione lui c’ha. Se non mi va bene aria. E lo dico io. Posso aria? No. E allora che erpice poetico sia, cazzodimmerdadellaBarbietroia.

Per cui torno, dopo ore una e cinquantadue minuti e gli ripresento lammerda di prima profumata al Lime dei Caraibi, lui sorride soddisfatto e le pornoancelle dell’InDesign si catapultano a impaginare, arrapate come pornobertucce. Che bello. Siamo una squadra cazzomerda.
Non c’è erpice che non si commuova, adesso, dio****.

E per rimanere in tema agreste, adesso devo trovare dell’erba. Per stasera, cazzocazzone.
Che devo andare a sedurre la Anto, sugli scalini, nottetempo.
Perché devo farlo, mi chiede Anonymous incredulo/a.
Perché no rispondo io, psicopatico che rifiuta il Professorone.

Perché io amo sguazzare nella debolezza altrui.
Mi fa sentire utile.
Sensato.
Al mondo ci vuole un Tazio Psicopatico, credo.
No?

Erba, adesso.





domenica 4 settembre 2016

Testicoli testuali

Picchietto vigoroso sulla tastiera del parlàfono come una cheerleader coi bruciorini al sederino infiammato, stonato come un’apparenza causa abuso di Chimicamica, dopo una Concitiana e Concitata lezione di interminabili dodici minuti e qualche secondo sui miei disguidi neurocerebrali.
Picchietto vigoroso ed adocchio il biglietto con su annotato il nome e il cognome, l’indirizzo ed il numero di telefono di un Professorone bolognese che lui e la psichiatria son così.
Picchietto e attendo, che il sabato sera l’è bel che andèe.
Picchietto e sento salire l’odio per quella Calabrona insolente, ignorante e incompetente che pretende di dare lezioni a me, al grande Tazioski.
Si farà rivedere quando le dirò come sta andando col Professorone, non prima, sospensione del fidanzamento, pausa riflessiva, dice andandosene tronfia e barzotta nell’incedere, forse causa guasto sfinterico.

Picchietto e poi ho soddisfazione del mio picchiettare.
“Come stai?” risponde sommaria l’Antonella evasiva, che recita il ruolo di distaccata amica.
“Da cazzo e tu?” rispondo io, con parziale punteggiatura, ma precisi contenuti.
“Tutti qui” risponde a segnalarmi l’impossibilità d’essere esaustiva e precisa nei tempi e nelle risposte.
Son tutti lì, gli amici di ‘sto Manganello Strazzaculi Rampanterampazzo. Tutti lì a far baracca, è sabato, le fiche sono cannibali in vista del post meeting, mentre io mi preparo (pare vero) per il Professorone Psichiatra di questo cazzo di palle sfondate.

“Ok allora fa niente” rispondo ritirandomi in bell’ordine per poi cedere a Morfinéo, a giudicare dal fatto che quell’esseemmeesse è l’ultima cosa che ricordo di aver fatto fino a due ore fa, momento in cui mi sono svegliato sul tappeto.

“Ma che cazzo combini?” chiedeva poi, verso le tre, mentre io ero in coma farmacologico da ore e ore. Che cazzo combino io? Una mazza strazza di un cazzo di niente del cazzo, cazzo.

“Trova dell’erba che ci vediamo al solito posto notturno e ti racconto tutto” scrivo un’ora fa, senza sortire reazione sino a quando ho cominciato a scrivere questo post dimmerda terapeutica.

“Ok” scrive asciutta.
Occhei, capite?
Capite?

Io no.