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domenica 28 maggio 2017

Nella vecchia porcilaia


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Nell’ex stalla dei maiali 

tre uomini gioviali
han legato sulla tola
la bella ragazola
con la benda nera agli occhi.

“Che fai e non la tocchi?” 

– somaro di un sandrone -
mosì che la strapazzo,
la scaldo e poi ci sguazzo
finendo senza meno
a ficcarle dentro il cazzo.
"

Che poesia, alla luce della lampadina di design minimalista, quell’opera che tutti abbiamo avuto una volta nella vita, “Legata a un filo” è il suo nome, ve la ricordate?
Ma che bell’odore di maschi sudati e di fica, di cazzi e di ascelle, di umido, essenze sublimi che ravvivano il vecchio odore di porco di quella casettina di mattoni e lamiera.

La porta aperta dà sulla campagna pregna di tanfo di liquame, parente stretto dello stesso liquame che ci tinge l’anima di merda pervertita.
“Sbattila” grugnisce il giovane tormentando quelle tettine irte  e gonfie, ed il bell’edile arrapato, peloso sul petto come un tappetino del cesso a pelo corto, affonda il cazzo nelle carni tremule della nuda ed oscenamente gaudente giovinetta ginecologica, che mugola dimenandosi, ben legata alla tavola sulla quale anni addietro si era adusi a confezionare salami, svuotare interiora calde, sgambare prosciutti, arrotolare pancette, sguazzare nel sangue che “el mazador di ninin” aveva inevitabilmente sparso.

Ma stanotte no, niente sangue, no. Solo manzi sudati, alcolizzati e fumati che condividono le loro verghe erette con la ninfetta porno che si dimena dal piacere, succhiando due cazzi, mentre il terzo la trapana nella oramai indecentemente esperta fichetta rasata.
“Nel culo no!”, eh no!, nel culo no giovine, cosa credi, che siam qui a truccar le scimmie? nel culo no, ‘mo nononono, ci mancherebbe contessina, scusateli, son ragazzi.

E il giovine la sbatte con forza e passione, mentre l’edile mi affianca, fraterno, e io lo cingo nel sudore intenso e viscoso, ghignando con lui su quanto sia elegante, colto, culturale, amichevole e persino pedagogico, trombare la troietta tutti nudi nella stalla e il contatto col suo corpo mi fa tirare il cazzo come un argano kazako e allora, dai, vieni, che le mettiamo in bocca ‘sti due tronchi di sequoia e la giovinetta sugge, rantolando da suina, che bella benda nera che c’hai troietta, adesso la macchiamo di un bianco un po’ opaco, tanto lo so chi siete, froci porci puttanieri, ah sì lo sai puttana? sì lo so, uno è Max e l’altro l’ho visto al bar ma non so il nome, succhia puttana, sfregaci le cappelle, stupendo Max, godo come una porca, mi ti farei maschione, lui ride di traverso, ombroso e virile, che due froci che siete, tu sfrega e fatti chiavare, zoccola ansimante, daimo Zack sfondala, tanto lo sa chi sei, grugniti sordi, scricchiolii di legno marcio, mani, dita, capezzoli durissimi, pelle d’oca sulle cosce, son Max, eccomi qui troia, ti chiavo, sì chiavami! ti voglio porco!, e il suino affonda nella fossa mentre Zack le spruzza in faccia il suo carico di sborra.

Ingloriosi bastardi di merda, intortatori di fogna, adulti insani con pruriti da cinghiali al Viagra, stolti distorsori della virtù giovanile, ma che sesso Max nudo col cazzo duro, lo abbraccio da dietro mente pompa la pupa e gli piazzo la minchia dura sullo spacco sudato del culo peloso e con la mano gli strozzo la base dell’umida minchia, onesta, né grande, né piccola, ma dura di marmo e lo abbraccio sudato mentre gode e pompa chino e lo incito osceno, seguendo il suo corpo maschio incollandogli il mio e niente lo ferma mentre fotte ad aratro esavomere, che la pupa gli piace, si piacciono, si pigliano da prima, in segreto, e sortisce il suo orgasmo, un altro gran troia!, ma quanto sborri stasera!, dai Max, sfondala, ma lui si sfila di brutto, scacciando la mia mano, per segarsi veloce e irrorarle una gamba, vai Taz, puniscila tu!, spaccala in due! dai spaccami bastardo! e io fotto la troia alcolizzata, fumata e giuliva, dal sorriso febbricitante per il  gioco da adulti malati e dopo un po’ di colpi profondi le schizzo il mio seme nell’ombelico pirsingato, ma che pozza, ma che bello amisgi luridi, l’hai fatta rivenire Taz!, mo che sporcacciona che sei, ma ti chiediam dei soldi vè e ridono scemi e sereni, la campagna liquamata, i maschi di merda, slegatemi maiali, tanto lo so chi siete, che mi scappa una pisciata da scoppiare, se no vi piscio addosso! che eventualità golosa e arrapante, ma i verri urlano fuori!, fuori a pisciare!, il buio, il corpo nudo, sudato, accucciato animale, lurido di sborra e sego umano che sibila la piscia senza pudore, schizzandosi un po’ i piedi, dopo dormi da me, sì e mi bacia slinguandomi e sa di cazzo e sborra, odore d’erbetta accesa, passa animale, tò, la giovine che ride oscena e picchia i pugni sul petto dell’edile che la limona aprendole le chiappe rosse di sfregamento sulla tavola e si ride, lo sapevo busone che eri tu, la voce la conoscevo, ‘sta minchia pure, ma anche quella Taz, mi brucia la paperina sai?, dopo ti schizzo dell’altra cremina, e mi lecchi la bua? e se la strizza oscena e sguaiata, sozza lolita troia amorale, drogata, alcolizzata e molto ben integrata, si ride e si bestemmia, anche lei, che sesso, tutti nudi, sgrullandoci, luridi, deviati, demoni corrotti, ma com’è che cominciata?, ma che cazzo ne so, son fuori di legno da stamattina, anch’io!, ma tutti!, ride, ride, ridiamo, ridiamo idioti, la vita è bella così, sì dai e si ride.

Che domani è domenica.


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