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sabato 15 settembre 2012

Il sabato taziale

E' il sabato taziale e una settimana fa arrivavo a Londra e questa settimana qua no.
Tra poco prenderò la macchina per andare a prendere l'aperitivo col Ruggi al Centrale e guardarmi quattro culi e quattro tette con smorzato entusiasmo, come sempre.
Berrò il solito Americano e ascolterò il Ruggi che tira giù delle madonne perché lo fermano in continuazione dappertutto, che su una cosa però c'ha ragione, fermatemi pure, fatemi i controlli, pure le analisi delle urine, ma poi memorizzate il mio numero di targa e non fermatemi più. Effetto Porsche Panamera, già.
Poi arriverà il Luchino sul TMax e si siederà anche lui e prenderà anche lui un americano e mi scroccherà una Marlborina e parleremo del nulla, che siamo preparatissimi.
Il Luchino è tornato con la Lidia, il Peppemmerda con la Giulia e l'unico fortunato che è rimasto da solo è il Ruggi, ma guarda te, piove sempre sul bagnato.
E cercheranno di coinvolgermi in cose serali che odio e io declinerò e loro non si daranno per vinti e io declinerò e via così finché non saranno finite le patatine.
Ci si litigherà pro forma il conto, poi ci si avvierà e il Ruggi mi chiederà dov'è che pranzo e io mi farò agganciare e andrò a pranzo con lui da qualche parte.
E' il sabato taziale.

Che classe

"Che cazzo è 'sta roba?" chiedo al Costa.
"Un pornazzo dei puffi"
Svaccato sul divano di casa sua, senza pantaloni, ma con la Lacoste, in slippone bianco sgambato con rigonfiamento della minchia, che guarda un porno con dei deficienti tinti di blu che fanno i puffi sozzi. Mi permetto di obiettare, spinto dalla deformazione professionale che dovrebbe avere anche lui: "Sì, ma che cagata, ma non vedi che mentre chiavano cazzi e fighe tornano rosa che gli va via la tinta e gli va via pure dove sudano? E' uno schifo".
Non si scompone e mi dice "Me mi piglia lo stesso" e la conversazione è finita. 

Allora vado in cucina, dove Max e il Loca si stanno girando un cannellone ripieno alle erbette pazzesche pazzeschissime.
Chiacchieriamo e sfumazziamo rimanendo in cucina, perché 'sto pornazzo dei puffi fa cagare a tutti.
Poi, alle dieci, arriva l'Umbe, suona e sale, sale recando in dono una bottiglia di vodka russa che guarda è una bomba e mi ricordo della bomba che c'aveva il Costa in congelatore che sono rimasto svenuto per due giorni.
Poi arriva l'uomo di Neanderthal che i puffi avevano finito, con la minchia mezza dura e si siede a rovescio su una sedia della cucina.

"Vero ominidi" dico puntando lui e l'Umbe "andate via domenica sera, sì? Che lunedì mattina comincia alle nove l'ambaradan." e loro annuiscono bovini.
Sì, perché dovete sapere che ho comperato un drone. No, non voglio attaccare la Libia, questo drone serve a portare in volo una telecamera per le riprese aeree.
E' un elicotterino radiocomandato del costo di diecimila euro che ho ribattezzato drene visto che, per l'appunto, ho dovuto vendere un rene per comperarlo.
E lunedì i due androidi vanno vicino a Trieste per una settimana di corso di formazione al volo.

"Minghiaoh io c'ho voglia, andiamo a troie" sentenzia didascalico il dotto Costascienziato palpandosi la minchia sopra le mutande.
"Ma sei ha chiavato come un toro per un mese! Cazzo rompi i coglioni!" esordisce Max con mani giunte e aria da "eddai".
Sì perché il calabro saudita è stato un mese intero giù in Carabia, dove ha pompato serrato e massiccio la cugina racchia. Racchia, ma porca come poche, a suo dire. La donzella, con la quale si unisce carnalmente dall'età di sedici anni, è fidanzata, ma ciò non le ha impedito di prendere tutto il giorno il tarello del nostro prode bardo, per poi congiungersi all'amato fidanzato e promesso sposo nella primavera dell'anno prossimo, nel dopo cena.
Un' organizzazione perfetta, debbo dire. Belle cose, anche, mi sento di dire.

"Ci potevi venirci pure te che te l'avevo addetto" risponde piccato. Perché la cugina racchia e porca ce n'ha per tutti eh. La proverbiale ospitalità meridionale.
"E' pelosa di sotto" chiedo all'infastidito Costa che si gira, mi mette una mano sul braccio e mi sussurra "dibbrutto Tà" e io annuisco con sacrale serietà, mentre il Max spara una risata schioccante battendo le mani e il Costa si solleva dalla sedia, con la minchia mezza dritta dicendo "Oh minghia ridi porcodd** mi stai facendo girare ai goglioni te stasera" ed io tento una mediazione immediata, appellandomi al fair play per cui siamo conosciuti worldwide e mi giunge in aiuto il Loca, che in tutto questo signorile dialogo ha incessantemente letto la Gazza, che a voce alta legge parole e nomi a me incomprensibili, ma che appaiono di un appeal irresistibile al branco di amadriadi, appeal così intenso  da spostare l'obiettivo dalle irsute pudende della cugina racchia-ma-porca, alle sorti di qualche calciatore amato od odiato al punto di coinvolgerli tutti, ma tutti, in una lite sportiva che fa dimenticare il mondo, i Puffi, le troie, la Calabria e la cugina pelosa RMP.

E mentre assisto alla lite non capendo un cazzo di quello che dicono, penso.
Penso intensamente ai fatti miei, ai miei vuoti, alle mie nostalgie, alle mie paure, alle mie delusioni e mi alzo e saluto ed esco di casa, scendo, prendo la macchina, guido, guido, guido, guido e poi mi fermo per far salire Nadine che mi sorride fluorescente nella notte italiana.
Che venerdì sera di classe.

venerdì 14 settembre 2012

Gentile e delicata, ma decisa

Finisco tardissimamente che era quasi mezzanotte, perché dovevo preparare un'offerta da spedire stamattina e così, digiuno e brontolante, decido di far prua al winebar per trangugiare qualcosa e poi decidere se andare di Nadine e nanna o direttamente nanna.
Al winebar trovo riunito il Granconsigliodeisaggi: Costa, Loca, Umbe, Max e il Sarti, che va pronunciato Sa-aarti perché è modenese e gli scivolano le vocali e le ripetizioni, gli scivolano. Saluto, mi intrattengo, insulto e poi mi dirigo al banco per prendermi due tramezzini, che c'era già aria di chiusura.
Dietro al banco c'è l'ultimo acquisto del winebar, la Malika, una minuta, magrissima, graziosa ragazzina rumena di venticinque anni o giù di lì, timida, biondissima di capelli sottili e dorati, con due occhioni azzurri che sembrano due asterischi lampeggianti e un musetto da topina simpatica.
"Mi daresti un paio di tramezzini?" le chiedo sorridente, contraccambiato da un bel sorriso timido.
"Come li vuoi?" mi chiede prendendo il vassoione pieno di tramezzini accuratamente avvolto un due chilometri di pellicola (brutto segno avere cinquanta tramezzini invenduti a mezzanotte). Rendendomi conto che scegliere il gusto significava farle smontare il bendaggio dico "Ma no, facciamo così, alza un lembo e dammi i primi due che vengono via" e lei così fa.
Poi si mette a ridere e le chiedo cosa c'è e lei mi risponde timida "Mortadella e peperoni" e ride.
"Cazzo" dico ridendo "se stanotte non dormo per 'ste bestie ti telefono in continuazione" e rido, ma senza doppi fini, pensavo proprio alla digestione.
Poi agguanto il piattino e uno Chardo e mi unisco al Granconsigliodeisaggi e ascolto una interessante conversazione su Monti, Grillo, Renzi e Bersani, sicché, una volta terminato il pasto disumano, mi avvio al banco e dico ala Malika di farmi il conto di tutto, anche quello che avevano preso i Professori.
Mi fa lo scontrino e mentre io metto insieme i soldi vedo che gli scrive di dietro.
Pago mi dà il resto, giro lo scontrino e c'è scritto MALIKA 348 …….
La guardo, lei mi sorride e con un filo di voce mi dice "E come fai a telefonarmi stanotte se non ce l'hai?"
Hai capito, la Malika?
Ha!

giovedì 13 settembre 2012

Formattiamo Sara Tommasi

Il ritorno dei guasconi ha portato una folata di cultura cosmopolita nelle nostre misere vite. Agevolati dalla pausa pranzo, irrompono nel mio ufficiuolo recando un portatile aperto ed un ghigno sulla faccia. Parcheggiano il portatile sul tavolo delle riunioni. Chiedo sommessamente, ma con bestemmia rafforzativa, che cazzo sta succedendo e il Loca preme invio e dichiara con mistica soddisfazione "Il film porno della Tommasi in alta…."
Io manco sapevo che avesse  fatto un film porno e stavo proprio bene nella mia ignoranza.
Ci sediamo come tre mammalucchi ad adorare il MacBook e il filmone ha inizio.
"La mia prima volta" si intitola il tristissimo film deprimente ed io mi auguro che sia anche l'ultima, di cuore.
E' un film a menu completo: masturbazione con vibratori e dito nel culo, scena lesbo con una bionda, threesome con pecora e pompino, triplice pompino con sborrata in bocca e poi altra threesome in cui si becca la doppia penetrazione. Nessuna trama, episodietti separati, una roba da vergognarsi ad averla prodotta.
Ma il produttore dovrebbe vergognarsi di essere al mondo, al di là di motivi tecnici.

Tutto inizia con una dotta prolusione a cura della stessa Dottoressa Tommasi vestita da camerierina francese che, brandendo un vibratore, recita quanto segue:
"Ciao sono Sara Tommasi e ciuccio bene i vasi. Mi piacerebbe fare la pornostar non per rubare il lavoro a delle altre che hanno già fatto un sacco di carriera come Laura Perego e la Eva Henger, ma solamente per divertirvi, divertirmi, ciucciare bene i vasi e.. che dire… fare bene l'amOre perché mi piace tanto fare l'amOre e soprattutto fare tanto sesso con tanti bei ragazzi e tante belle ragazze, ma basta anche che c'è un CAZZO, una figa o qualcosa che mi piace e mi attira e che godo, perché a me piace tanto godere, proprio tanto tanto tanto tanto tanto, sono una ternana doc, sì perché vengo dall'Umbria, una città noiosissima, ma qui mi diverto tanto, perché l'Italia è un posto dove si fa solo tanto sesso, tutti amano il sesso e ci sono sempre le tre "s" di mezzo: soldi, sesso e successo e allora più fai sesso, più hai soldi e più hai il successo"
Si vede che è laureata alla Bocconi, non c'è niente da fare, altro spessore, altro stile.

Da lì l'inizio della grande depressione. Occhio sbarrato e perduto, assenza di mimica facciale, una faccia da marionetta di gesso, fastidioso mugolare artefatto, nessuna partecipazione, impacciata, sicuramente strafatta. Mi assento un paio di volte per futili motivi, lasciando Costa e Loca di guardia alla visione, perché proprio provo disgusto, disagio e depressione.
E poi, ci si approssima alla fine con una scena bucolica, un parco, una panchina e la Dottoressa che si masturba e ci regala una considerazione:
"A me mi piace di essere violentata, mi piace quando mi fanno le sorprese, tanti maschi che mi prendono e mi stuprano, a schiaffi, a sberle e a cinghiate, lancio un messaggio agli italiani per essere stuprata collettivamente, che farebbe tanto bene al cuore e all'anima." e devo dire che sì, parteciperei volentieri alla parte delle sberle e delle cinghiate, perché non ci si può, no, non ci si può ridurre in 'sto modo, no. Vergogna.

Poi via verso la monta a tre, ultimo atto della prima e ultima volta.
Un manzo sotto, lei in mezzo, un manzo alle spalle, nella doppietta già citata. Lei emette una vocale, la "a" continuativamente senza pause e questo è di per sé molto fastidioso. La sirena dura un pochino, poi arriva il primo piano, lei si gira alla telecamera, regalando un'altra perla indimenticabile.
"…sì dai, sborratemi dentro, insieme, dentro, uno dentro e uno NELL'ANO, CHE GODURIA.", con voce isterica, finta e questa maschera di cera sinistra, da brividi.

Poi, finalmente la pena finisce. Nessuno dice una parola, poi il Loca si appropria del computer e formatta la chiavetta.
Formatta la Tommasi, com'è giusto che sia.
Tristezza.
Mi ha colpito.

Il valore aggiunto e le confessioni invitanti

Stavo ritornando da una lunga giornata fuori quando il parlàfono mi avvisa che il Ruggi vuole parlarmi e dico occhei. E' allegro e spiritato e mi dice alle nove, non fare stronzate, devi venirci, Taz fidati e allora d'accordo, va bene, ci vengo, alle nove da te. Sicché location ex appartamento Ade, suono, salgo, mi accoglie in vestaglia di seta che mi sembra Soprano, electrojazz, luci giuste, whisky, entro e sul divano c'è seduta una sventola sudamericana che mi fa dire di dentro un "minchia" sonoro, mi presento e si presenta e mi dice di chiamarsi Ruberta piascere, e lì capisco che c'è del valore aggiunto nella ragazza e anche gli occhietti spiritati del Ruggi me lo confermano e poi guardo sul tavolinetto e vedo del borotalco e una carta di credito sopra un vassoietto e capisco che quel dopo cena è molto borghese, forse troppo per me che c'ho l'accento nigeriano, però Ruberta c'ha due gambe infinite e dei bei piedi e mi assillo chiedendomi quanto valore aggiunto c'avrà.

Poi salta fuori il cd di cui è corredata Ruberta, bossa nova e lei balla e il Ruggi la guarda come la Madonna del Rosario e lei balla birichina che sotto la mini le dondola la fava scappellata e mi dico che 'sta brasilianina minuta, dai lineamenti disegnati in Autocad, perfetti, dai seni minuti e dal culo surreale, può, effettivamente, avere del gran valore aggiunto, se posta nelle condizioni di esprimerlo e di lì comincia lo svacco, col Ruggi spiaggiato sul divano che regge un bel bicchiere pieno di whisky, la vestaglia aperta e il petto villoso con catenina d'oro e croce d'ordinanza, sul viso stampato il sorriso beato di chi ha attraversato il deserto a piedi e, finalmente, trova una birreria bavarese e Ruberta succhia con classe, guardandolo e guardandomi con gli occhi da porno cerbiatta puttana, inginocchiata con la mini tirata su, il culo all'infuori e la fava rampazza che le penzola assieme ai coglioni, sfortunatamente sgonfi, come in tutte le trans.

Ed è nudità di gruppo di tre e la sudamericanina si alterna, suggente e leccante, dalla mia minchia di marmo a quella del Ruggi che gode come un porcospino in calore e lo vedo, lo vedo bene, che mi guarda la minchia stropicciandosi la sua mentre Ruberta si sforza di ficcarsela in gola, lo vedo che me la guarda e di dentro assolve la Ade perché, in effetti, con questo pezzo di carne di porco cruda, qualche tentazione la si può avere e credo che, forse, i suoi pensieri non fossero tanto rivolti alla Ade, ma a qualche utilitaristico sollazzo privato e ne possiamo sempre parlare, siam galantuomini, siam persone per bene e poi la brasilianina porchetta sferra l'attacco a sorpresa sul povero Ruggi che, con due dita nel culo le svuota in bocca i coglioni senza se e senza ma e poi lei si getta su di me segandomi e chiedendomi se glielo voglio metere ne cuulu e io declino elegantemente l'invito e lei attacca la sua orazione selvaggia su di me, succhiando come l'idrovora delle Mondine, mentre il Ruggi le si inginocchia di dietro col signorile intento di restituirle il piacere.

Piano Ruggi, capisco l'entusiasmo, ma così glielo stacchi e ti va di traverso, cazzo che bocca che c'hai, non l'avrei mai sospettato che il Randellao Brasileiro ti facesse 'sto effetto e la Ruberta ansima col valore aggiunto impennato, continuando nell'impresa di creare il vuoto pneumatico dentro di me e, devo dirlo, tira dei golini da premio Nobel, ma anche il Ruggi non scherza che glielo ha pietrificato con quei succhioni che tira. Che bel momento elegante, nella casa elegante, tra il design e il borotalco, la bossa nova e i grugniti latini. E lascio il giocattolo al Ruggi, che alla fine l'ha pagato di tasca e guardo il quadretto bevendo dell'acqua, col Ruggi alla pecora che sbocchina Ruberta che sul divano mugola in brasiliano e si strizza le tettine guardandomi e penso che potrei montare sulla schiena del Ruggi e incularmelo a secco, tanto per fargli tirare un urletto e poi massaggiargli la prostata a colpi di cazzo di marmo facendogli fare lo schizzone denso, ma poi mi dico che no, che il piacere va centellinato e se me lo inculassi sarebbe per lui una festa di compleanno, la festa dei diciotto anni, mentre stasera s'è comperato Ruberta e per lui va bene così.

"Ha fatto dei porno in Brasile eh" mi dice nudo porgendomi un bicchiere di whisky appena l'autista l'ha prelevata alla porta.
"Minchia" dico per dargli soddisfazione, facendo gli occhi dello stupefatto, mentre in realtà non me ne chiava un cazzo assoluto.
"L'hai mai provato nel culo?" gli chiedo subdolo sapendo tutti i dettagli dei retroscena Adeliani.
"Sì" mi dice sincero bevendo un sorso per vincere l'imbarazzo.
"Tu?" rimbalzando la palla nel campo avversario.
"Sì" rispondo con tattica, studiando l'avversario, lasciando che la pausa gelida riempia la stanza.
"Chi non l'ha preso si è perso una puntata importante" aggiungo offrendogli il destro e lui sorride sollevato, sorride senza malizia, guarda nel bicchiere e mormora "puoi dirlo", poi mi guarda e mi dice "certo che prendere il tuo non è mica semplice" e ridiamo e beviamo e mi vesto, lo saluto e me ne vado a casa, dove mi metto a ripensare alla strana serata e mi tiro una sega pensando al culo del Ruggi, pentendomi di aver rinunciato a quella ghiotta opportunità, ma pazienza, vi sarà tempo e luogo di sicuro.
Di sicuro, me lo sento.

martedì 11 settembre 2012

Io valgo

Bonjour.
Ho fatto colazione al Vomit Paradise Lounge perché volevo vederla in faccia. E vi garantisco che è stato bellissimo, vederla in faccia. Borse scure sotto gli occhi, faccia gonfia di sonno, un vistoso succhiotto sul collo che, con questa stagione, mica lo si può avvolgere in una sospetta sciarpina della pietà. E poi la camminata. La camminata da vacca gravida corrisponde al piatto del buon ricordo della piacevole serata. Io so gran bene perché cammina così, anche se magari i ratti fognari al banco non la notano, la camminata, avendo fisso il teleobiettivo sulle mammelle. Peccato, peggio per loro, perché la camminata è veramente un pezzo di rara bellezza per chi, come me, ha il culto del trash.
Ci siamo scambiati brevi grugniti corrispondenti al rapporto avventore barista, senza accenni, senza riferimenti. Che ce lo diciamo a fare? 

Diciamo che la piacevole serata la si poteva già intuire dalle premesse. Una volta sceso e girato a sinistra all'ora pattuita, che era già quasi buio, mi sono trovato davanti una mammifera vestita in maniera diversa, china a fissare i blocchi della saracinesca. Sabot infradito neri che un bel dodici lo facevano di sicuro e poi un corto vestitino nero, blusante, come forse direbbe mia nonna, allacciato dietro al collo, schiena vertiginosamente nuda, capelli raccolti in uno chignon disordinato, occhiali da sole in testa, collanona di bigiotteria, mazzi di braccialetti, grande borsa a sacco di pelle nera a spalla. E io che credevo di ritrovarmi davanti quei fetidi hot pants. Stupidino, questa è naffiga.

Non c'è rosa senza spine però, perché la mammifera chiavaio quando ha la bocca libera da cazzi parla, parla, parla, narrandomi del suo insignificante mondo, annullato e da annullare, come se si trattasse della più straordinaria delle esperienze sulla crosta terrestre, parla e si atteggia daffiga, ride per cose che mi fanno cadere il buco del culo per terra, diventa scaltra e intelligente rivelandomi verità ritenute non scoperte da nessuno se non da lei, genio a cui non la si fa e poi io, a un certo momento, cogliendo un suo buco di silenzio dovuto all'ingestione di una forchettata di frittone, con voce calma e tono quasi montiano, le descrivo con dovizia di particolari che trattamento le riserverei, lì nella trattoria, se non vi fosse incombente il pericolo dell'arresto.

E la riporto, così, nel suo habitat naturale, la Selva Scura del Cazzo Duro, dove non vi sono spazi per altri discorsi che non siano strettamente attinenti alla monta in tutte le sue sfaccettature, sfumature e varianti. E così iniziamo un giochino in cui si scopa a parole usando il condizionale, descrivendo per filo e per segno a quell'altro che attenzioni si riserverebbero se solo si potesse e poi arriva il momento in cui mi fa piedino, rossa e torbida in faccia, con la scritta lampeggiante "sono in calore" in piena fronte, mi fa il piedino e mi dice che mi farebbe una sega coi piedi e questo la riqualifica, la ricolloca, proprio lei che mi ha frassinato i coglioni a suo tempo deprecando delirante il feticismo a me tanto caro. Per cui, godendo delle sue dita che tormentano la mia caviglia, sottolineo che, a quel punto della conversazione, due e solo due erano le possibili strade: o andare nel cesso a chiavare o chiedere il conto e andare.

Missione missionaria, nel tetro Miramonti che è perfetto teatro operazioni, specie considerando che alla fine della monta se ne andrà agevolmente a piedi senza arrecarmi cagature di cazzo. Missionaria fantasy, dicevo, reggendole alte le gambe con salda presa alla caviglia, ficcando come un porco là dove il triangolo bianco dell'abbronzatura mancante indica il drill point, la zona perforazioni, il pozzo senza fondo, la Fossa delle Marianne, la Fessa della Susanna tutta panna, che sembra panna, ma panna non è.
Fa brrrrr con le labbra della bocca mentre la Trivellamannara scava impietosa la carne famosa che risponde a tono, emettendo un allegro squelch squelch che fa il controcanto al bang bang del letto sul muro e questo Manifesto Fottorista ha un suo equilibrio, un suo perché e, a tratti, anche un suo percome.

Peccato, peccato Zozza Zuzzy che tu ti sia toelettata nel lurido pisciatoio del tuo vomitevole bar, usando qualcosa che ha reso i tuoi piedi, il culo, la fica e le ascelle anonimi e non riconoscibili, dissimulandone il profumo naturale, spersonalizzando le location al punto che, mentre suggo, allappo ed esploro i tuoi buconi come un famelico lepidottero, mi corre alla mente l'aroma del WC Net Tavoletta Ocean Fresh, che è sì la mia preferita tra tutte da sempre, ma nella tazza del cesso, seppure qualche analogia tra i tuoi buconi e la tazza del cesso la si possa agevolmente trovare.

Bang bang, brrr brrr e squelch squelch, ti giro di pancia e ti sputo nel culo, ci premo la Minchia Rampazza Tarella Randazza e spingo, così, disinvolto, disincantato, epicureo e ti inculo a tirone unico premendoti i coglioni contro la fica mentre urli, ma è solo l'entrata perché poi ti imbruchisci sollevando il bel culo da manza e mi vieni incontro mentre affondo, perché il tuo culo è affettuoso e non resta fermo lì ad aspettare il mio Cazzoturbo, ma gli corre incontro a fargli le feste. Bang bang, grooowwlllll e a volte anche prot che, quando sguscio fuori per errore, il tuo intestino sfondato protesta in uno degli unici due modi in cui sa protestare, scoreggiando adombrato per l'assenza dell'amico finemente venato.
Mi ricopro di un velo di lucido sudore mentre ti strapazzo il retto come merita, in tutte le posizioni, a tutte le velocità e in tutte le lingue del mondo, mentre mi guardi con gli occhietti drogati e la faccia lucida con i capelli tagliatella incollati sulla fronte ed io considero che ora sì che ci siamo, ora che nell'aria accanto al profumo del WC Net Tavoletta Ocean Fresh si aggiungono i miasmi fecali provenienti da quell'ano dilatato a dismisura che tutto vuol fare fuorché richiudersi se, per errore, sguscio fuori d'emblée.

Ti inculo per ore, senza venire, ti inculo compulsivo, autistico, ripetitivo, schizofrenico, platonico, armonico ed onirico, provando piacere nella tua trasmutazione da donna bestia a femmina bestia primate parzialmente evoluta, mentre mi esorti bavosa a sborrare, mi indichi persino che vuoi che ti sborri sui piedi, brutta puttana bastarda, falsa e manichea che mi lisci il pelo compiacendomi senza trarne piacere ed allora ti sorprenderò, perché se sborro non sarà finita e struscio l'uccello lordo di te su quelle incantevoli dita che Madre Natura, errando crudele, ha deciso di darti e le ricopro di glassa mentre leggo nei tuoi occhi il sollievo per la fine della maratona del cazzo, ma invece NO, perché sono così infoiato che ti apro le gambe e ti entro di dentro fottendoti abbracciato a te, fottendoti con rabbia, godendo al midollo, sentendoti venire con un urlo che ai nonni gli saranno saltati i tappi del contatore e torno a venire ficcando, sguazzando, mentre le tue unghie si conficcano nella mia schiena sudata e tremi epilettica gorgogliando ritmata una lettera "a" di nessun comprensibile significato per me.

"Cristo" bofonchi spostandoti i capelli dalla faccia, tentando di alzarti visibilmente sgangherata ed abusata, ma io son clemente, oltre che Tazio, e ti passo la citazione religiosa.
Rimani inginocchiata facendoti aria con la mano soffiandoti sul petto bagnato di sudore, trattenendo i capelli gialli con l'altra mano.
Non dico niente, ti guardo e sei bella, cazzomerda, ridotta così alle quattro del mattino sei proprio bella e penso che il bar lo apri alle sei e godo a dirtelo, seppur assumendo una falsa espressione empatica.

"Non mi importa" mi dici soffiandoti e facendoti aria. "Nessuno come te" aggiungi poi trasognata e ti alzi e vai verso il cesso dichiarando, contessa, che stai per pisciarti addosso e fai passetti da capretta in punta di piedi e scompari di là. Poi torni spingendo in fuori la pancia, tenendo chiuse le chiappe con entrambe le mani, sorridendo prognata e sussurrando "Me l'hai sfondato….".
Mai più senza, amici, mai più senza.

Nessuno è come me, nessuno.
Lo dicono gli esperti.
Devo valorizzarmi di più.
Devo lavorare sulle mie qualità, altro che intristirmi per la lontananza che, si sa, è come il vento e fa dimenticare chi non s'ama.
Nessuno come me.
Parola della Siusy.
Rendiamo grazie alla Siusy.

lunedì 10 settembre 2012

Tradizioni da recuperare

Passo la pausa pranzo al telefono col Loca, che lui e la ciurma, composta dai soliti guasconi, mi sono a Bari per un servizio. Sicché dai che ti ridai mi si fanno le due e mezzo che mi arriva l'appuntamento, chiudo coi guasconi e prendo rapido un caffettino placa fame e poi il personaggio arriva, ci sediamo, altro caffè, vai di menate e mi si fanno le tre e tre quarti. Poi il personaggio schioda che c'aveva daffà e io finalmente posso ingurgitare qualcosa, che ieri sera sono andato di panino aeroportuale britannico che non ve lo racconto nemmeno. Faccio ciao ciao con la manina alla Betta e scendo e quando sono all'ultimo scalino mi ricordo che è oggi è il cazzo di lunedì del cazzo e il cazzo di Bar Centrale del cazzo è cazzo chiuso cazzo, cazzosissimamente chiuso, chiusissimamente cazzo.
Per cui, volente o nolente, anziché girare a destra giro a sinistra ed imbocco la porta di quell'allevamento industriale di salmonella e coli fecali che è il Vomit Paradise Lounge della Sozza Siusy, in arte LaBaristadallatettalunga.

Per ragioni varie da parte mia e per ragioni precise del Costa e della Ciurma, qui al Vomit Paradise Lounge non ci siamo praticamente venuti più. Però io con lei non c'ho nessuno scazzo e quindi, essendo cliente pagante, accedo con la spensieratezza leggiadra di una scorreggia mollata nel vento dei Caraibi.
"Chi non muore si rivede" esordisce la putrida donzella da dietro al banco.
"Mogli e buoi dei paesi tuoi" rispondo tentando con fatica di parificarmi al livello culturale di cui è intriso quel piacevole bistrot.
"Come stai?"
le chiedo accoccolandomi sullo sgabello fuori linea banco, vicino alla porticina di legno d'entrata e uscita del medesimo, afferrando il Resto del Carlino e cominciando una squadratura sommaria della bovina laida che, al di là, sculava mammifera servendo caffè.

"Ah io bene eh! Sempre bene qua! Tu piuttosto? Ti sei sposato?" e ride cogliona, ignara del pericolo reale di recisione dei capezzoli, dato il bel lunedì che c'ho.
Poi i ratti seduti al banco escono per infilare nuovamente la condotta fognaria da cui erano usciti e la Mucca arriva da me asciugandosi le mani con un putrefatto asciughino di color isabellino, che pare sia la tinta ufficiale lì dentro.
Ai piedi infradito da bancarella color malva con stampati dei fiorellini microscopici sulle bretelline di plastica lucida, hot pants di jeans tagliati in casa da cui escono le tasche, canottierina gialla con spalline a filo e budella di panza che esce dal bordo di sotto della canottiera per andare a fagocitare, come un novello Blob, la cintura dei pantaloncini hand made (cut). Lurida, putrida, dozzinale, sciatta e mortalmente attraente.
Soppeso qualche embrione di pensiero, rallegrandomi con me stesso che qualche forma di schifosa vita è ancora presente nelle matasse di inutili dendriti del mio sistema nervoso.

"Mi metti su un toast?" le chiedo smorzando qualsiasi esordio pseudosmart della brachicefala, la quale si arresta, scimmiotta un dietro front parodiato, squittendo stridula un patetico "agli ordini!" per andare ad immergersi nel lurido banco da cui pesca l'arma batteriologica che bramavo per pranzo.
"Da bere?" - "Birrino" e lei comincia a spinare, sbilanciando il peso sulla gamba destra, con conseguente estroflessione dell'anca che comporta una invero gradevole asimmetria destra del sensuale culo maiale a chiappa lunga, facendolo diventare ancor più interessante grazie alla curvatura concava della schiena dovuta alla spinta in avanti della pancia suina, mentre nel contempo la gamba sinistra si ripiega appena, appoggiandosi alla destra ed il piede (il superbo piede, vorrei ricordarlo) scivola fuori dalla dozzinale infradito inguardabile, per posare le dita (le superbe dita, vorrei ricordarlo nuovamente) dalle lunghe unghie smaltate di un bel rosso scarlatto brillante, steso certamente di recente, sul bordo della ciabattina cinese, cinese nella più deprimente delle accezioni.

Ripiego il Carlino e odo levarsi dagli anfratti cavernosi dell'inospitale steppa del pianeta Urethron un roco grido della Bestia, del possente Taziosaurus Rex, provandone io stesso paura. Ma anche sorridendo sollevato, poiché la Creatura è viva ed è qui con me. Considero, nel contempo, che oggi è lunedì e alla Casa ci si va di martedì, perché di lunedì non ci si è mai andati alla Casa e mentre riverso sui miei neuroni indolenziti questi saggi spunti di riflessione, la osservo che incede verso di me col birrino in mano, birrino scortato posteriormente da due sporte vuote di carne sessuale dondolante che mi generano un istante di commozione.
Si ferma e lo appoggia su uno strapuntino d'acciaio vicino alla macchina del caffè e io traccio un quadro d'unione ultrarapido, un MiniBridge che mi collega diversi oggetti del desiderio torbido: pelle abbronzata, sudore, sporte, cula, piedi, smalto, cavigliera, puttana carnivora cannibale insaziabile e, mentre Wagner infuria nel mio cervello, le agguanto una tettazza impastandone la mollezza casearia, mormorando con tono da maniaco sessuale "A che ora stacchi stasera?" con l'occhio spermatozoico ed un accenno di bava sulle labbra.

Sortisco un sorriso più lercio della discarica di Malagrotta e, mentre inattendibili ed improbabili tentativi di allontanarmi dal suo petto da zoccola si susseguivano molli ed inutili, la voce sibilante mi comunicava, con le esce scesciuali "Lo sciai, eshco alla sciolita ora, alle otto e mezza che chiudo". Mi affretto a sganciare la presa causa avventore e le dico "Allora aspettami qua davanti che andiamo a mangiare assieme" e provo un inturgidimento della minchia che mi ridona il buonumore, perché stasera io non c'ho bisogno di raffinati merletti erotici, io c'ho bisogno della maiala porcazza sporca e puzzolente che mi fa entrare in tutti i suoi deliziosi viscidi buchi maleodoranti per donarmi il sommo piacere della depravazione laida e antigienica.

Trangugio il toast, scolo il birrino, chiedo quant'è, mi risponde "a posto", chiedo sommesso se siamo d'accordo, mi strizza l'occhio sorridendo ed esco felice, felice di aver ritrovato  gli antichi sapori delle tradizioni proletarie da recuperare.
Ha! 

Stagnazione

E poi alle undici di sera ci siamo rassegnati al fatto che non saremmo usciti ed abbiamo ordinato la cena in camera. E poi, alla mattina, la colazione in camera. E poi ho messo gli stracci in borsa e siamo scesi, ho pagato, ho preso un taxi e sono arrivato a casa nel cuore della notte.
E adesso sono qui, cotto come una pera, svuotato e senza nessuna agognata rivelazione provvidenziale che mi faccia dire che, effettivamente, la prospettiva è cambiata. Sono pervaso da una sensazione di malessere diffuso che non è mai cessata. Quando sono arrivato e l'ho riabbracciata è come se avessi fatto scattare un counter e non ho mai smesso di considerare, in background, che ciascuno di quegli istanti lenitivi che stavo vivendo mi avrebbero portato, alla velocità della luce, a casa di nuovo.

La Chiara è entusiasta. Un entusiasmo condivisibile, comprensibile, addirittura doveroso, vorrei dire. Lavora moltissimo, è stimolata, motivata e carica. E mi rendo conto che a ventiquattro anni i pesi sono differenti e, in questo momento, il nuovo mondo produce su di lei un travolgimento che non le dà né tempo né modo di fermarsi a piagnucolare sulla lontananza come faccio io, che ne ho quarantadue di anni e non ho nessun travolgente nuovo mondo, in quanto quello che avevo è andato oltre Manica.

Una filosofa, che se ne è andata pure lei, a questo punto chioserebbe con un tranchant "E quindi?".
Già. E quindi? E quindi un cazzo. Devo entrare rapido nell'ordine di idee che la prossima volta che la vedrò girare nuda in casa avrò il presepio fatto e devo anche considerare, contemplare, cantierare e pianificare che vi è una forte, fortissima possibilità che l'integrazione nella cosmopolita Londra induca dei cambiamenti di esigenze e di valutazioni della realtà tali che il Tazietti potrà apparire anziano e provinciale, perdendo il fascino che, invece, ha se lo si guarda da qui. E ci sta, cosa devo dire?

Comincia a fare freschino alla mattina in campagna. E' quel freschino che ho invocato per tutta la rovente estate e, adesso che ce l'ho, mi viene un po' di malinconia perché andiamo verso l'inverno. Ma io dico, ma che sterminato coglione sono? Roba da vergognarsi.
Stasera riapre ufficialmente la Casa, con le musiciste, cotillons, mescita di vino, nani e ballerine.
D'istinto non avrei cazzi di andarci manco morto, ma invece devo lavorarmi dentro perché altrimenti si fa cronica la fazenda e, quindi, ci andrò.

Bon jour.