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mercoledì 9 novembre 2016

Modena

Via.
Deposito la mia esistenza, straziata e insulsa, come bagaglio a mano sulla via di Modena, come se fossi un colpevole che va dal giudice a ricevere la pena che gli spetta.
E così chiuderò tutto, niente deperibili nel frigo, staccherò l’acqua, la corrente, tutto.
Partirò a bordo della mia insignificante vettura e andrò a Modena a sentirmi dire il “no” che mi spetta, perché il tempo dei ricordi si fa nebbia e gli anni passano, passano per me, per lei, per tutti.
Un bel “no” sapientemente cesellato dalla sua parola cristallina, un pianto di sicuro, molti rimpianti, molte incertezze, ma ciò che va fatto va fatto e poi cosa resto qui a Taziopoli a fare?
Incarto il no, prendo questo ennesimo dolore che mi sono causato e poi via di nuovo.

Ma via, via.
Lascio Tazio a morire a Taziopoli, svesto la pelle che non è accettabile e me vado, via da questa, da quella, dal gommista, la farmacista, l’erbivendola, la tabaccaia e la macellaia.
Lascio tutto qui, tanto non ho niente e nessuno da salutare, a parte voi.
Ammesso che ci sia qualcuno di là.

Basta rimestare, sanare, terapia finita.
Non serve a un cazzo scrivere, quel che serve è essere diversi e diversi lo si è via.
Per cui eccomi, pronto, tranne qualche ultimo dettaglio, a veleggiare verso Modena come inizio della smolecolarizzazione, dell’assenza, dell’oblio.

Tutto qua.

lunedì 7 novembre 2016

Non resta che la fuga

Blocca, blocca, blocca, blocca, quasi mezza rubrica è bloccata per far tenere gli argini di un’alluvione di merda che presto mi travolgerà, soffocandomi nel rimorso dei dolori strambamente arrecati, piegandomi nella consapevolezza di un’esistenza personale inadeguata ai canoni comuni, spingendomi alla periferia della mia piccola comunità ruspante, laddove cresce il vociare pernicioso su di me: drogato, puttaniere, ladro, farabutto, malvivente, seduttore di appena maggiorenni, maniaco sessuale, ingrato pezzo dimmerda, traditore di amici, frequentatore di sodomite, sodomita a mia volta, sia nella versione dante che ricevente, in un quadro ossianico di turbe psichiche gravi, predisposizione innata a delinquere, alla blasfemia, all’eresia, persino all’eresia gnostica di Celestino, vampiro, porfirista messicano amico personale di Diaz.

Donne assatanate mi attendono alla porta di casa nel cuore della notte, impedendomi di rientrare e imponendomi notti forestiere in alberghi limitrofi, segni approfonditi di chiave ornano le fiancate delle mia vettura di basso impatto ambientale, mezza elettrica e mezza non, con cui in tempi andati viaggiavo per le vie del comune che mi accoglie e mi accetta, ma solo sulla carta, perché poi negli effetti mi accetterebbe con la menarina.

E allora via, cazzo, mi dico senza pena, cominciando ad affastellare i miei panni sul letto non utilizzato, sognando località erotiche in cui le femmine per pochi danari mi daranno abbronzatissimi culi a cui cancellare l’ano a sapienti pennellate di lingua, via, via, via, via, Brasile, Argentina, dove fa caldo, dove non mi si conosce, via, via, via, Brasile, sì, Rio de Culheiro, quando tuttutuntratto squilla la messaggistica classica del parlafono e, tra insulti e bestemmie, lampeggia un messaggio umano che dice: “Ma te uazzap picche adesso? Ti ho scritto una sett fa e nn mi hai risposto”.

La Chiara.
Sblocco, controllo, cerco, guardo, sorvolo e finalmente ecco.
“Credo sia tardi, in tt i sensi, ma come mai ti ha preso sto pivone?”

Già, come mai, che va tutto a gonfie vele?
Come mai?