Pagine

giovedì 10 agosto 2017

E allora che sia






“Io vado oltre alla malinconia se penso a Borgoverde. Mi viene una gran nostalgia e mi chiedo se è proprio vero che la stessa acqua non bagna mai due volte.”

E da lì una cascata di uazzappi, poi a un tratto la decisione di uazzappare sì, ma via voce e udito e, dopo esserci anche tirati in faccia un paio di capre morte e putrefatte, cannetta bilaterale della pace. Che essa porta sì pace, ma anche tanta allegria e vivacità genitale e allora, già che s’era lì, si sono rimembrati un paio di episodietti del passato, in maniera molle, calda e persino decadente e i dettagli sono fioccati come mosche col napalm e poi, a un tratto, una voce sexy e stanca mi ha chiesto se mi stessi toccando anche io, inducendo l’unica risposta ammissibile, cioè quella affermativa, pur se la verità fosse negativa, così come menzognero era il suo “anche”, pur non avendo certamente iniziato a fare alcunché, ma ravvedendone una conveniente valenza motivazionale.

Perché è vero che la stessa acqua non bagna mai due volte, ma è anche vero che se si comincia e si finisce prendendosi per il culo, difficilmente ci si esimerà dal farlo in un ipotetico nuovo inizio o parentesi di tregua della fine precedente.

Quindi Borgoverde 2017 reloaded sarà e nascerà come tutte quelle vacanze adolescenziali in cui si andava al mare “ad innamorarsi” (condizione di beltà della vacanza mai dichiarata, ovviamente, ma compulsivamente ricercata) in quanto “l’innamoramento” era la condizione che concedeva le attenuanti generiche all’egoismo della battaglia allo scazzo vacanziero, consentendo di affermare, inoltre, che la vacanza era stata una figata per ragioni distintive rispetto a quella del popolo dei segaioli: la figa.

E così domani parto per la graziosa località con tutta la maturità che la mia età diffonde a piene mani, sapendo che questo episodio di preteso revamping sarà come tritello nel frumento: inutile, dannoso e per nulla esperienziale poiché questa, l’esperienza, è noto essere un’insegnante bastarda che prima ti fa l’esame e poi ti spiega la lezione e io la lezione l’ho seguita bene, nell’anno accademico in cui fu tenuta, e non ho certo bisogno di rinfrescarla: ho ancora tutti i miei appunti.

Condiremo di abbondante presa per il culo l’allegra vacanza, poiché tale condimento è la conditio sine qua non affinché la componente vizioso-sessuale, (che sarà sfrenata, se le premesse non muteranno), sia di riempimento alla reciproca noia correlata al periodo.
Trascorso il quale accadrà qualcosa.

Perché così funziona tra adulti, specie se non stupidi: si usa la consapevolezza per alterare i valori dell’illusione nominale, affinché quelli della delusione effettiva siano nettamente al di sotto di essi, consentendoci semplicemente (e spesso inutilmente) di sopravvivere.







P.S.
Spero di non averti deluso, GQ amico mio, mi spiacerebbe.














lunedì 7 agosto 2017

Lunediadi: diario

Ignoro il santo del giorno, ma me ne sbatto, buon lunedì amisgi che rarefatti mi seguite a cassso (nel senso del caso alla brasileiransgi).
Urge agire, miei diletti.
Il Tazio soffre, ma s’offre anche.
Azione, azione, azione.
Si avvicina il ferragosto e voi lo sapete quanto io odi questa terribile milestone dell’anno.
Diverse le pornoidee.


  1. Prendo il culo, raggiungo la Riccetta Puttanissima a Borgoverde e sguazzo nel lordo come un suino depravato, spingendola oltre ogni limite.
  2. Prendo il culo e salgo a Praga, ricontatto la mitica e mai dimenticata Venka e mi ungo di sesso con una MILF/GILF dai pruritini mal sopiti.
  3. Prendo il culo e salgo a Riga, che a chi piace la figa non vada proprio a Riga che così semplice non è, ma io ho il mio socio d’affari Bergolettone che mi organizza delle puttanerie sofisticatissime, che quella gran figa spaziale della moglie è in ferie col pargolo in Spagna.


Quindi azione richiedesi e decisione obbligatoria deve prendersi entro le ore duezeropuntozerozerozulu di stasera.
Che stasera, dalle duezerounopuntozerozerozulu urgono fatti concreti:


  1. Cena all’Ostaria Quellanuova, pietanze fredde e leggere, poco vino, niente bamba, niente merde, mi tengo per qualche canna con gli amici.
  2. Riunione plenaria degli Sfigatidimmerda amici miei con tema “Tea”. Che se la riprendano, che la sfruttino, Tazio scarta, stanco. Ricompattare il plotone e isolare la lavativa. Facciamocela in gruppo, la Tea è di tutti.
  3. Al termine del durissimo lavoro lunediale: tour in solitaria con missione Nadine, che ho bisogno di pelle nera, erba buona e profumo genitale dell’Africa selvaggia.


Vualà.
Ha!


Memories


E allora vado al Gar[b]age a vedere se trovo i ragazzuoli, ma non c’è nessuno e, lo ammetto, ho alzato diverse volte il gomito per portare alla bocca del bourbon, poi arriva ‘sta tipa, con la faccia da fattanza, però non male, sulla ventottina, come dicono a Roma e mi fa: “Prestami dieci sacchi, dai…” e mentre me lo chiede spinge in avanti il pube, con la manina tesa da bimbaminkia e allora mi scatta il genio del male, la tiro per il braccio e le dico “Ti fai di bamba o di molly?” e lei sorride lurida a un millimetro dalla mia faccia, gli occhi abbassati e mi dice “Quello che capita” e allora le dico “Se mi fai una pompa nel cesso te la compero io, dimmi quanta ne vuoi” e lei mi fa “fanculo, bastardo”.
E’ il marketing bellezza, niente di personale.
---

E mi ha ricordato la Frank.
Lei sì che mi aveva edificato un torrione di calcestruzzo al posto del cazzo, dicendomi che era stato suo padre a insegnarle a fare i pompini e io, come un testicolo sgonfio, avido di sozzura ho abboccato e lei ne era fiera, perché aveva fatto centro, aveva lanciato il sasso giusto al centro del liquamaio, perché la Frank era lurida, schifosamente depravata, un’autentica regina del sublime osceno ed io, come con le altre, l’ho spinta ad andarsene. Si fece fare un secondo piercing al clitoride per compiacermi e, in mezzo a quell’arazzo di tatuaggi che le ricoprivano il corpo c’è ancora il mio nome sul polso destro, che si fece fare di sua volontà.
Magari l’avrà coperto, io per colpa di uno come me l’avrei fatto.
Chissà dov’è, chissà se è ancora viva, chissà che fa.

Le sue tettine piercingate, gli inchiostri e tutto il resto erano cosa ben nota al Gar[b]age, dove si esibiva nuda sul cubo, mimando amplessi volgari e masturbandosi senza ritegno, perché godeva, godeva ad essere oscena e pubblica e poi l’ho portata nella Casa e lì era diventata subito un mito, una leggenda, un desiderio sessuale molto acceso nella troia di Milly, e lei era a suo agio nei panni della mia Sub, mentre in realtà era una spietata Mistress sotto mentite (e poi neanche tanto mentite) spoglie.

Sono certo che quei cessi maleodoranti del Gar[b]age se la ricordano ancora, si ricordano la porca demoniaca che si faceva sbattere da me nuda contro il muro di piastrelle schifose, con la porta aperta perché la si vedesse, e a chi si fermava a guardare mimava il gesto della sega, con la faccia gonfia di godimento selvaggio, perché lei era la Frank e guai a chi si fosse messo di traverso.

Mi ha amato moltissimo, l’ho capito eccome e non certo dal fatto che si fosse messa il collare e mi avesse dato il guinzaglio, quello era un simbolo del cazzo, era la luce nei suoi occhi, i suoi silenzi, le sue carezze calde sulle mie mani.

Mi ha amato moltissimo e queste cose le capisce anche un coglione miope, spietato e senza cuore come me.
Mi spiace averla persa.
Sì, mi spiace.

domenica 6 agosto 2017

Varie ed avariate




“Sono a Borgoverde in ferie da sola e mi sono venute in mente mille cose belle. Sono malinconica.”
Per un attimo ho pensato di raggiungerla, di imbottirmi di Vicodin e Cialis e ridurle la fica e il culo come un chilo di macinato. Macinato doppio. Son due chili? Lasci.
E invece non ho nemmeno risposto al uozzappo.

Il Po è un fossatello in cui pescare i gò.
Le dimensioni delle spiagge porcone si sono dilatate in maniera impressionante ed il numero di porconi e porcone disponibili a rischiare l’ictus è ridotto come non mai.
Fortuna che nella rada e secca boscaglia, sopravvissuta agli atti vandalici, ci si ritrova tra amici di sempre, che tra di noi non si fanno distinzioni di ceto sociale o, tantomeno, di etnia.
Mi ha lusingato l’aver arrapato un ragazzo magrebino davvero molto sensuale, dal colore ambrato e dal cazzo svirgolato all’insù di non trascurabili dimensioni. Ci siamo divorati come due troie, abbracciati e puzzolenti davanti a un vecchietto che ha tentato invano di menarselo, senza successo.
Io e lui, invece, ci siamo schizzati sui cazzi, menandocelo a hot dog, reciprocamente.
Solo che il caldo è qualcosa di spaventoso e bisogna fare attenzione.

Dopo essersi fatta rimorchiare al Flamingo con facilità quasi deludente, la GILFona ben tenuta, dai sensuali piedi dalle eleganti dita lunghe e nodose, ha accettato di lasciare la macchina in parcheggio e venire con la mia a casa mia.
L’ho aiutata a far scendere la cerniera dell’abito e poi ho iniziato a spogliarmi.
Lei si è tolta tutto e per ultimi i sandali slingback dorati da suarè datata.
E quando è rimasta a piedi nudi sul pavimento ha sfregato le piante per terra come se stesse spegnendo una sigaretta, per asciugare il sudore che sentiva di avere.
Sono partito arrapato abbestia con l’impeto di stuprarla brutalmente e ho ben presto ripiegato su una performancina da patronato, a causa di tutti quei sorridenti veti e consigli e suggerimenti e direttive e manuali e vaffanculo checcoglioni cazzomerda.
Però la sega che mi sono piallato a casa, dopo averla riconsegnata al suo destino, è stata atomica.
Ho anche annusato il pavimento, ma non vi era traccia di odore.
Peccato.

Però ha ragione la Riccetta.
Che bei tempi quelli di Borgoverde.
Se penso che gira nuda in quella casa mi si edifica un gasdotto nelle mutande che se mi vede la Gazprom mi trivella il culo.
Che non è un pensiero malvagio nemmeno quello eh.